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  1. Forza Wilders ovvero cosa significa la vittoria della destra in Olanda...

    Quando si è consapevoli di vivere in un regime, a cui sono sottomessi tutti i media mainstream, l'osservatore che voglia davvero capire cosa sia successo dietro l'apparenza di un evento, deve semplicemente leggere tutti i media e partire dal presupposto che le cose stanno all'opposto. Così quando ho letto della vittoria di Wilders - considerato "il leader dell'estrema destra olandese, quasi una sorta di Hitler/Mussolini che però magari indossa i sandali di Zenden - ho capito che dovevo...
    Complimenti. Sei uno dei pochi (almeno di quelli che io conosco) che hanno individuato la vera ragione della vittoria di Wilders.
    Un saluto da Bucharest dove mi hanno convinta a venire (Romania belllississima mi hanno detto), dove le auto sono quasi tutte Mercedes, BMW, Audi, dove le luminarie di Natale coprono interi viali ed edifici, dove le signore girano in pelliccia, dove i negozi sono pieni di gente e puzza di soldi ovunque. Io guardo incazzata dove sono finiti i miei soldi di 3 furti in casa (imputati a bande rumene) e a 2 furti di amici (sempre loro secondo la polizia).
     
    Bene, bel segnale, eppur da sovranista italiano mi preoccupa, e molto, una cosa: le destre della sfera germanica prendono i voti di quelli che ancora credono che l'Italia anziché contribuente sia debitore dell'UE e che molte delle tasse che pagano siano gettate in un'ipotetica fogna sud europea. Ora, se questo significasse che fan crollare il tutto mi auspicherei il loro 90% ma, vuoi vedere che essendo in orbita tedesca, di comando in UE e non essendo, rispetto all'Italia paese manifatturiero al primo ecofin e senza vaselina, ottengono due piccioni con una fava: niente allentamento delle regole deficit/PIL per l'Italia e deroga solo per i paesi più piccoli, come l'Olanda, del green deal? Son contento per gli olandesi, scelta consapevole ma, starei molto attento da italiano: l'Europa, l'UE è una congrega di congiurati, l'unico modo per evitare le pugnalate sarebbe uscirne.
     
  2. Maledetta noia

    La noia, è l'unica cosa che provo, quando guardo ciò che mi gira attorno. Mi annoio ascoltando gli altri, ripetere sempre le stesse baggianate, guardare chi si atteggia a qualcosa, che non è. Mi annoio leggere post, da tuttologo, da Google, ti rispondono dopo aver consultato Wikipedia. Prima da ragazzo, ero più fumantino, mi veniva di replicare subito, alle stupidaggini, adesso mi annoia rispondere. Alcuni, lo prendono, per un mio atteggiamento di superiorità, perché credo che ai coglioni...
  3. Scemi di guerra

    Ormai beffarsi della stampa igienica italiana ogni volta che questa pubblica una notizia palesemente falsa e persino ridicola è come sparare sulla Croce Rossa, è una cosa di cui sono cosciente e che mi trattiene, spesso, dallo scriverci sopra. Ma capitano a volte occasioni troppo ghiotte, leggi scandalose, per lasciar correre. Quando poi nel giro di pochi giorni queste si accavallano come in una gara a chi la spara più grossa, lasciar correre è troppo persino per chi, come me, sembrava...​
    L'esercito russo oggi combatte con le pale, domani rischia di arrivare a Lisbona. Gli sciagurati non leggono nemmeno i "loro" autori. Archetipo N. 8 del cosiddetto Ur-fascismo di Umberto Eco. “Così, grazie a un continuo spostamento di registro retorico, i nemici sono al tempo stesso troppo forti e troppo deboli. I fascismi sono condannati a perdere le loro guerre, perché sono costituzionalmente incapaci di valutare con obiettività la forza del nemico.”
     
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  4. “Un astuto drago apparentemente addormentato”: alcune scomode verità su...

    di Daniele Ganser

    Roosevelt sapeva che, se gli USA fossero stati coinvolti in una guerra col Giappone, sarebbe scattato un effetto domino che poteva allargare il conflitto anche alla Germania, dato che il 27 settembre 1940 Giappone, Germania e Italia avevano sottoscritto un patto tripartito, noto anche come Asse Roma-Berlino-Tokyo, per assicurarsi sostegno reciproco. «Roosevelt voleva anzitutto fare guerra alla Germania», spiegò il giornalista George Morgenstern del «Chicago Tribune»...
    Aggiungo il bellissimo "Pearl Harbor" del tedesco Peter Herde, che descrive in maniera magistrale la storia diplomatica e come il Giappone giunse, gradualmente, a non poter fare altro che entrare in guerra, o rimanere senza carburante per l'esercito. Dimostra come, da decenni, chi vuole informarsi, sa, mentre il grande pubblico continua a riempirsi la testa con lo sterco fabbricato a Hollywood.
     
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