Un aneddoto personale. Nato a Napoli e meridionale fino al midollo, ho vissuto per la prima parte della mia vita in un paesino del Centro Nord. Mio padre, che pur essendo anch'egli meridionale, non amava il Sud, in quel paesino sarebbe rimasto a vita e non sarebbe mai tornato. Si integrò così bene che non pensò mai minimamente di fare il "napoletano in Toscana". Divenne di fatto toscano. Quando arrivò il trasferimento che lo riportò al Sud - spinto più da mia madre - i suoi colleghi e amici organizzarono una grande festa d'addio densa di commozione. Viceversa, un suo collega pretendeva di imporre la propria napoletanità ai toscani del posto, magnificando la bellezza di Napoli e del Sud rispetto alla freddezza dei locali, e il risultato era che nessuno poteva sopportarlo. Si tenga presente che a quei tempi le differenze tra Nord e Sud erano abissali, nel Bene come nel Male, e che anche in quelle zone iniziava ad imporsi la Lega Nord che non era un partito nazionalista come è oggi, ma teorizzava la secessione, a suon di insulti verso i meridionali.
Se persino l'imposizione di una cultura regionale può provocare insofferenze - mentre chi si integra viene accolto con un calore persino maggiore della sua terra di origine - figuriamoci quanto possa infastidire che gruppi allogeni impongano i costumi di confessioni religiose in un gruppo nel quale sono minoritari.

In questo senso, vanno viste le manifestazioni svedesi dove si brucia il Corano. Che naturalmente non sono certo cose da vedere con gaiezza, tutt'altro. Se si è scritto tanto contro la cancel culture operata dal progressismo, non si può certamente essere contenti che venga bruciato un libro soltanto perché non ci è gradito. Personalmente, anzi, credo che i libri anche più "negativi" vadano letti sia per individuare la temperie del tempo, sia per mettere in guardia i lettori dei rischi di un pensiero che si tramuta in azione. Se qualcuno, invece di censurarlo, facesse leggere il "Mein Kampf" di Hitler nelle scuole e nei giornali, forse otterrebbe di far comprendere fin dove si possa spingere l'orgoglio nazionale ferito e probabilmente le cure contro certi mali si troverebbero per tempo. Possiamo metterla così: i cattivi libri sono come un tumore ancora benigno che, se trascurato, può sfociare nel tumore maligno dell'azione.
Il Corano non è certamente un cattivo libro. E' semplicemente il testo sacro di una religione che, come tutte le confessioni abramitiche, può diventare pericolosa e oppressiva se cerca di imporsi nel diritto positivo. Chi oggi lo criminalizza, evidentemente ignaro che nella Bibbia di violenza ce n'è in sovrabbondanza, dimentica che l'unico freno alla prepotenza della religione è la legge dello Stato. Ma il punto è proprio questo: lo Stato spesso, per inefficienza o convenienza, non interviene. E se lo fa, lo fa contro chi non è forte a sufficienza da difendersi.

In tal senso, dire che esista un pericolo islamico, in sé, è sbagliato. L'Islam, diversamente dal cattolicesimo, non ha un'autorità centrale che si impone su tutte le altre. Ogni imam rappresenta il pontefice massimo di chiunque lo segua, e questo non è privo di conseguenze. Si può incontrare tanto l'imam che, di fronte ad attentati terroristici, li condanna senza se né ma, tanto l'imam che condanna ma dice che "bisogna contestualizzare" - e ai più appare come uno che fa il furbo - tanto l'imam che invece esulta e dice che è giusto così, quando addirittura non è complice e partecipe di certi orrori. Questo rende nebulosa la comprensione dell'Islam nelle sue strutture.
Né in questo senso si possono fare lezioni di tolleranza. Perché gli stessi che la propagandano verso i musulmani, sono intolleranti con la cultura cristiana, pretendendo che l'Occidente si scristianizzi e si secolarizzi, scorgendo qualsiasi pagliuzza della cristianità e ignorando le travi delle altre culture, specie se si mostrano più bellicose verso l'Occidente. E' inevitabile che questo generi delle reazioni violente che - ed è il segno della mentalità del tempo - vengono stigmatizzate, mentre non vengono invece mai avversate le manifestazioni di odio che avvengono nei paesi islamici contro la cultura dei paesi occidentali.
In Svezia, come ovviamente anche in Francia, in Belgio e altrove, il problema dell'insofferenza verso l'Islam è noto. E ha un'unica causa: una classe dirigente che, mentre rivendica la propria secolarità - che non ha il tratto sereno del laicismo ma quello impositivo e rancoroso dell'ateismo di stato, al punto da pretendere di rimuovere le croci dalle Alpi - si mostra del tutto tollerante quando non connivente con le frange islamiche radicali. In questo senso, le scene che mostrano gli svedesi bruciare il Corano sono ovviamente da esecrare ma si può dire che non abbiano delle motivazioni di fondo?

La Svezia, semplicemente, comincia a capire che non c’è modo di integrare i musulmani proprio perché loro non vogliono integrarsi. La conseguenza, come per i trapianti d'organo, è che nasce la reazione di rigetto per i corpi sentiti come estranei. Che questo possa non piacere è comprensibile: ma al DNA non si comanda. O si inducono i musulmani, Dio sa come, ad integrarsi, o si pone un freno all'immigrazione musulmana, discriminandola rispetto alle altre. Diversamente i partiti nazionalisti avranno sempre più successo, fino a dar luogo ad un'autentica xenofobia, cui speriamo di non arrivare mai.

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bravissimo...questo è il succo del discorso, e ho idea , come dici tu , che sarà necessario, presto o tardi , attuare " davvero" una spiace dirlo così, discriminazione verso l'immigrazione di radice islamica...ho sempre pensato che costoro , per cultura, pensiero e tradizione voglia di integrarsi non ne hanno mai avuta né mai né avranno , vorrebbero..." vorrebbero " eh , semplicemente imporsi...e così non ci siamo , né ci saremo mai.Punto .
 

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Franco Marino
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