Una volta fui coinvolto in una polemica con un soggetto caricaturale, che si presentava come il gestore di un fondo sovrano di una monarchia del Golfo Persico, e che scriveva le sue sparate su di una rubrica di un giornale nazionale. Costui, pieno di nozioni storiche ridicole che applicava a piacere là dove aveva bisogno di far impressione sui lettori adoranti (pochi, a giudicare dai commenti ai suoi articoli), ad un certo punto mi rispose trionfante che il feudalesimo era caduto a favore del capitalismo perché irrimediabilmente inefficiente, soprattutto rispetto al successore. Replicai che allora non si capiva come un sistema così irrimediabilmente inefficiente fosse rimasto in piedi, addirittura espandendosi su altri continenti, per sei/sette secoli eliminando le vecchie forme sociali. La risposta non arrivò mai, ma si finì velocemente in rissa (come spesso accade con gli apologeti dell'Adesso).


È una delle favole con cui si indottrinano gli studenti di Economia e Commercio quella che il capitalismo sia l'Unico Sistema Possibile, Immaginabile e Desiderabile per il presente e il futuro, perché l'unico a favorire le libertà, il benessere e altre fregnacce similari, ma soprattutto perché EFFICIENTE, a differenza di tutti gli altri. Ecco, il mantra perfetto è questo: il Capitalismo funziona, tutto il resto no, quindi la discussione è chiusa. Andate in pace (e diffondete il verbo, ça va sans dire). Il concetto fu sintetizzato ancora meglio dalla Thatcher, con il celebre: “Non c'è alternativa”. Non per niente lei da allora è uno dei santini preferiti dei baciapile del liberismo finanziario.


Verso la fine del XVII secolo il grande matematico e grande filosofo tedesco Leibniz concepì un sistema per il quale il nostro era considerabile come “il migliore dei mondi possibili”. Uomo di fede, aveva bisogno di provare che Dio, oltre ad esistere e ad essere buono, aveva creato un universo altrettanto buono, non potendo fare diversamente. Il fatto che fosse rilevabile del male non significava che tale male fosse predominante, ma semplicemente che, tirate le somme, una qualsiasi altra combinazione di eventi che eliminasse quel particolare male avrebbe avuto come risultato una maggior quantità generale di male, e quindi che il risultato in essere fosse il migliore non in assoluto (un mondo in cui era tutto perfetto sarebbe stato meglio, lui lo ammetteva) relativamente ai limiti che la materia imponeva. E la “materia” era sia quella in senso letterale che morale: gli uomini sono esseri razionali spinti anche da impulsi animali e dotati di libero arbitrio. Solo riducendoli ad automi sarebbe stato possibile renderli assolutamente buoni, ma questo avrebbe negato la nostra umanità. Nonostante i successivi pensatori dell'Illuminismo (Voltaire in testa) abbiano deriso a lungo questo concetto, con l'espediente principale del ridurlo alla caricatura di sé stesso, esso era tutt'altro che stupido o inverosimile, e chi volesse andare a fondo leggendo i “Saggi di Teodicea” ne ricaverebbe non poco appagamento intellettuale.


Quel che gli esaltati difensori del capitalismo finanziario attuale fanno è simile al sostenere una tesi analoga a quella di Leibniz, ma con delle sostanziali differenze, e delle macroscopiche mancanze. Intanto è un modello che prescinde da qualsiasi considerazione metafisica, etica o religiosa. Non senza curiosi contraccolpi. Anche esso è un sistema che cade dal cielo, ma senza Dio: O meglio, Dio è il Mercato, ma questi nasce per generazione spontanea o comunque non per motivi trascendentali: ci è cascato addosso e ce lo dobbiamo tenere perché sì. Tuttavia il sostrato etico è sottinteso ribadendo che qui i meritevoli vanno avanti, mentre in tutti gli altri sistemi i parassiti campano senza far nulla sulle spalle della massa. Il Bene è sostituito dal Profittevole, anzi, vi si identifica: se la base della società è l'economia, ovvio che ciò che è economico sia buono. E va da sé che, non esistendo neppure in questo mondo la perfezione, ciò che vi si avvicina di più è ciò che spreca meno risorse e le distribuisce meglio. E quindi efficiente. E siccome i principali megafoni che ripetono questa cantilena sono gli anglosassoni e i loro tirapiedi, i paesi anglosassoni sono presentati come il non plus ultra di questa perfezione.


I problemi interpretativi arrivano subito, non appena si voglia scendere ad analizzare le stesse parole. Distribuire “meglio” le risorse non significa nulla, e se si ritorna al concetto di “più ai più meritevoli”, non si è avanzati di molto, dato che “merito” è termine deformabile a piacere. In genere si accorda “meritevole” a chi ha lavorato più e meglio producendo più ricchezza, spettandogliene quindi di più. Sarebbe inefficiente un sistema che facesse finire troppa di quella ricchezza in mano a chi ha prodotto poco o punto, o addirittura dissipandola, dato che lo “spreco” è l'uomo nero del pensiero economico. Il ragionamento però torna ad essere ad essere molto insoddisfacente quando si tratti di definire meglio il concetto di “spreco”. Ma anche attenendoci a questa visione idilliaca del sistema attuale, le pietre di inciampo non tardano ad emergere.


So che lo spazio è ridotto, e che non ho il diritto di rovesciare trattazioni enciclopediche sui miei incauti lettori, ma alcuni esempi sono illuminanti.


Se nelle epoche “oscure” e feudali artisti che campavano modestamente sfornavano poi capolavori che tutt'ora (attivisti climatici permettendo) conserviamo ancora gelosamente nei nostri musei, opere irripetibili come la Venere del Botticelli o il Discobolo di Mirone, pagate dalla commissione all'epoca l'equivalente di un'utilitaria, oggi la banana appesa al muro di Cattelan è stata venduta per 120.000$ (pur essendo chiaro che la banana originale sarebbe marcita dopo pochi giorni), mentre una vignetta di Bansky semi-triturata è stata venduta per 18 milioni di sterline.


I soldi che ruotano attorno allo sport sono ormai fuori da ogni umano metro di misura, ma pochi giorni fa Cristiano Ronaldo, giocatore ormai verso il fine carriera, ha ricevuto un offerta per giocare in Arabia Saudita per 200 milioni di dollari l'anno.


Due personaggi non particolarmente dotati, né intellettualmente né fisicamente (anzi), Sam Bankman-Fried e Caroline Ellison, fondano e dirigono FTX, una piattaforma di scambio criptovalute che arriva ad essere la terza al mondo. Dopo essere giunta a valere trentadue miliardi di dollari, viene polverizzata in poche ore da una serie di notizie sulle perdite enormi causate da una gestione dissennata delle attività oltre che da illegalità di non poco conto. Emerge che negli anni di vacche grasse il CEO (che ha tutt'ora appena trent'anni) abbia speso più di 120 milioni di dollari solo per comprare ville alle Bahamas, in una delle quali ha vissuto con una decina di stretti “collaboratori” coi quali ha passato il tempo a dirigere l'azienda, giocare a League of Legends e a praticare sesso di gruppo. Forse senza distinguere l'una attività dall'altra. Nel tempo libero sosteneva il Partito Democratico (e credo che nessuno qui si meraviglierà). Il crack di FTX ha bruciato i patrimoni di investitori ovunque nel mondo, trascinando l'intero comparto..


Ecco, un sistema del genere, o che mette al suo centro attività che maneggiano cifre astronomiche nel modo illustrato, può essere considerato efficiente? Proprio dal punto di vista economico, mi pare che si tratti di un modo per buttare i soldi in mare su scala industriale. E non si tratta certo di eccezioni. Ma il caso delle criptovalute è illuminante, perché permette di trattare l'intero comparto finanziario, ossia il cuore del sistema.


Le criptovalute sono, come tutti ormai sanno (per triste esperienza personale, magari), monete virtuali. O così almeno vengono presentate. Perché una moneta è essenzialmente un mezzo di scambio per acquistare beni e servizi, il cui valore è garantito da una qualche autorità ed è apprezzato soprattutto quando stabile, in quanto tesaurizzabile. Le criptovalute invece sono emesse non si sa bene a chi (e anche quando si sa non fa alcuna differenza, perché non garantisce nulla), hanno un valore basato su di un meccanismo automatico fuori da ogni controllo, e che è fra le cose più violentemente speculative viste negli ultimi decenni, pure generosi in fatto di bolle speculative e volatilità alle stelle. Ciononostante, hanno avuto tutto il tempo per dilagare sui mercati di tutto il globo, acquistare popolarità e far entrare nel giro centinaia di milioni (e forse anche più) di incauti di tutte le risme, azzerando patrimoni a volte frutto di decenni di economie dopo averli allettati con la prospettiva di guadagni a sei o sette zeri. Il valore delle criptovalute dipendeva, come in tutte le attività finanziarie, dal numero di persone che ci puntavano i propri soldi. Come per il più classico schema Ponzi, o catena di Sant'Antonio, se preferite. Quando l'afflusso di denaro fresco si è interrotto, la bolla è scoppiata. Nel frattempo gli analisti finanziari pagati dalle grandi società, quelle che manovrano i grandi capitali sui mercati internazionali, incoraggiavano la massa di pesci piccoli a “resistere” prospettando prezzi in rapida risalita. Ad esempio, a gennaio, col Bitcoin a 40.000$, una di queste ne fissava il target a 100.000. Oggi vale attorno ai 16.000. È pensabile che tali analisi siano messe in giro solo per frenare la discesa mentre le stesse società si liberano dell'attività ormai decotta. A spese dei gonzi che “resistono” mentre i loro risparmi si volatilizzano.


Fra l'altro il modello piramidale è esattamente quello su cui si reggono i rialzi dell'intero mercato azionario. Tutti sanno che il valore totale delle attività finanziarie supera di molte volte quello del PIL mondiale. Quel che, logicamente, sarebbe un absurdum, un paradosso, un delirio, è preso come la semplice constatazione da chiunque non sia un emarginato complottista: il valore di tutti i beni fisici del mondo è una frazione di quello di titoli e contratti costruiti sugli stessi e che su questi dovrebbero appoggiare il proprio valore. Ne consegue che la parte eccedente, ossia la più grande, semplicemente è una finzione, un gioco di specchi che infatti crolla ad ogni scossone finanziario. Cosa che accade regolarmente ogni 8/10 anni bruciandone ogni volta il 60/70% del valore. La discussione che non c'è mai stata, e che io ho ricostruito, pezzo a pezzo, è su cosa ci sia stato mai di razionale, progressivo ed efficiente in una bolgia globale la cui unica chiave di lettura mi sembra essere quella psichiatrica. Magari con il supporto di quella penale. Il sistema sembra profittare solo a conglomerate, multinazionali che tengono botta e tornano più ricche e floride di prima. Le stesse controllano, pagando le campagne elettorali di entrambi i partiti principali, la politica statunitense, sia interna che estera (influenzando quindi anche quella del resto del mondo). Quando non vanno a trattare direttamente per i propri affari, come si sta vedendo per i contatti clandestini fra la Pfizer e la Commissione Europea.


E non si tratta solo della semplice finanza, ossia del denaro per il denaro. Vi racconto un'esperienza personale. Ho lavorato per cinque anni in una multinazionale, al primo o alternativamente al secondo posto al mondo nella produzione e vendita di macchinari agricoli. Parliamo di un mercato enorme, non di nicchia, attivo su tutti i continenti e con filiali in tutti i principali paesi. Ogni tanto avevo a che fare coi capi-venditori, specie quelli attivi in Africa e Asia. Era il segreto di pulcinella che trattassero direttamente coi governi a suon di mazzette. I ministri che decidevano a chi dare la commessa erano oggetto di una sorta d'asta al rialzo, la più consistente delle quali decideva quale degli offerenti avrebbe vinto la gara. E non si trattava solo di denaro contante: regali, viaggi e favori di ogni tipo erano messi sul piatto. Dato che da una parte si trattava di denaro degli azionisti e dall'altra di quello pubblico, era un gioco che non costava nulla a nessuno dei partecipanti. E ricalca più o meno quello che emerge da qualsiasi inchiesta sulla corruzione. Quando Berlusconi, commentando su uno di questi scandali che, all'epoca, coinvolgeva ENI e Nigeria (mi sembra di ricordare), disse che per lavorare in quei paesi bisognava necessariamente fare così, fu crocifisso, come prevedibile, dalle vestali del politicamente corretto e dell'onestà a fior di labbra, come se avesse sostenuto la pedofilia o i sacrifici umani, quando io vi riconobbi una banalissima verità e un modus operandi che è quello proprio di tutte le aziende private occidentali. A riprova che non solo il nostro sistema economico non promuove la trasparenza, la legalità e la liberaldemocrazia, ma che al contrario si adatta immediatamente a qualsiasi procedura criminale facendola propria sino al virtuosismo. Fra l'altro ricavandoci sempre un guadagno: corrompere un ministro, un governo e persino un intero parlamento può costare decine o centinaia di milioni di euro, ma permette poi di manovrare le risorse di un'economia di migliaia di miliardi. In questo sì, il sistema capitalistico-finanziario si rivela efficiente. Ma per sé stesso, non per l'umanità. E il fatto che sia riuscito ad espandersi come un cancro con le sue metastasi sin nell'angolo più remoto del pianeta dovrebbe far paura molto più della prospettiva di una Crimea russa o di una Cina che si riprende Taiwan. Ed è l'ovvio motivo per il quale nessuno, soprattutto fra i commentatori e gli economisti mainstream che pure ne descrivono così bene le storture, è disposto ad andare sino in fondo nell'analisi della catastrofe globale di ogni aspetto dell'umano in cui ci ha portato.


E che è, temo, irreversibile.

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Friedrich von Tannenberg
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