I fondi del PNRR foraggeranno l’AFU. “Sembrava un capriccio ed invece per Kiev sto morendo” canterebbe Gianni Morandi. Già, la guerra per procura sembrava una passeggiata di salute, il classico scontro impari tra l’Impero ipertecnologico del Bene, La nuova Atlantide di Bacone, e la moltitudine anonima di slavi incivili e sottosviluppati. Sembrava, ma non è stato così. In realtà il confronto sta lentamente esaurendo le residue energie di un Occidente che si scopre superato e vulnerabile. L’Europa, a cui toccherà in ogni caso saldare il conto salato di una piccola apocalisse che non ha saputo o voluto fermare, è il ventre molle dell’Occidente; l’Italia, retta da una compagine di governo ripugnante e mai così subalterna, è il tallone d’Achille dell’Europa. Contrariamente a ciò che pensano certi soloni del circuito dei media istituzionali, è in corso una lotta esistenziale per entrambi i contendenti, non soltanto per il Cremlino.
La posta in palio dovrebbe ormai essere visibile: ci si gioca la pelle, e dunque la possibilità di poter contare in futuro.
Si continua a sottovalutare la crisi profonda in cui versa il Nordamerica. In precedenza, il default degli Stati Uniti è stato più volte annunciato e poi rinviato; stavolta, però, il contesto è completamente differente e sfavorevole: la dedollarizzazione procede inesorabile mentre si fanno insistenti le voci di una possibile valuta di riserva dei BRICS, qualcosa di simile al Bancor che Keynes propose a Bretton Woods; il progressivo venir meno dell’influenza americana in aree strategiche quali il Medio Oriente, l’Africa e il Sud America ha tutto il sapore di una débâcle geopolitica di proporzioni bibliche. La caricatura russa abbozzata dalle cancellerie occidentali ritrae un Gigante inetto e orgoglioso dominato da un Putin che ricalca la falsariga di Nicola I durante la rovinosa campagna di Crimea: lo zar isolato che si imbosca nel castello di Gatcina per sfuggire l’onta e la vista della folla. Una caricatura tendenziosa, per l’appunto. Depistante mi pare pure la ridefinizione dei confini: a Ovest sanno benissimo che il vulnus è costituito dall’espansionismo virulento che vede in prima linea l’Alleanza Atlantica. La narrativa fasulla alza una cortina fumogena sopra la Drôle de guerre, la “strana guerra”, termine con cui i francesi chiamarono il primo scorcio della WWII.
Il conflitto russo-ucraino è davvero strano e anomalo, con l’armata russa che si ostina a indossare i guanti gialli, predicare attendismo e rinunciare a far tabula rasa dei centri politici e decisionali. Cosa attendono? Secondo me qualcuno, tra San Pietroburgo e Mosca, sta solamente aspettando il fischio dell’ex egemone, sempre più in difficoltà, sommerso dai debiti e dagli insuccessi. Stai supponendo un giro di valzer? L’orso che tradisce il panda? Ebbene si.
Ogni scenario ipotizzabile è verosimile e legittimo. E non escludo neanche un tradimento del panda ai danni dell’orso. Se il fischio arrivasse, non c’entrerebbe nulla l’intrinseca propensione al tradimento di Shoigu o il fatto che siano ebrei (sic) o graditi alla nota lobby, come opina scioccamente qualche testa matta; si tratterebbe di un puro calcolo strategico. L’escalation continua di provocazioni e i buoni uffici con Henry Kissinger, ala ragionevole e possibilista dell’establishment, potrebbero indurre Putin ad accettare un accomodamento. La volpe centenaria, incommensurabile tessitore di intrighi diplomatici, nel 1972 aprì le porte a una Cina maoista in rotta di collisione con l’URSS; oggi mira chiaramente ad attrarre la Russia per isolare definitivamente il Dragone. Impresa tutt’altro che agevole, ma fattibile.
Le motivazioni, da entrambe le parti, non difettano. Non avendolo logorato affatto – o abbastanza – in Ucraina, lo scopo degli americani sarebbe quello di assicurarsi quantomeno la neutralità dell’orso nei futuri conflitti nell’oceano Pacifico. I russi, dal canto loro, potrebbero giudicare sconveniente un’eccessiva dipendenza dall’Asia in generale e dalla Cina in particolare.
Ed ecco cosa confermava alcuni mesi or sono il vice primo ministro Yury Borisov: “Mentre Cina e Russia sono di fatto alleate militari, economicamente sono concorrenti. La Russia sta riducendo la sua partecipazione al progetto per creare un aereo CR929 a fusoliera larga a lungo raggio insieme alla Cina”, ha affermato durante la sessione plenaria del forum Engineers of the Future. “Stiamo lavorando con la Cina a questo progetto, che, in linea di principio, non sta andando nella direzione che ci fa comodo. La Cina, gigante industriale, è sempre meno interessata ai nostri servizi, abbiamo il nostro ufficio di progettazione, abbiamo una vasta esperienza in TsAGI (Istituto Centrale di Aeroidrodinamica)”. La tentazione di trovare l’accordo con l'Impero statunitense, come Hitler a suo tempo fu tentato dall'idea di venire a patti con l'Impero britannico, a cui lo legava un curioso rapporto di amore e odio, potrebbe allettare Putin e soci. Malgrado l’acqua alla gola, Washington avrebbe parecchio da concedere.
Cari moscoviti, che ne direste di una zona smilitarizzata che parta dalla Finlandia, attraversi il Baltico e l’Ungheria e arrivi fino alla Bulgaria, con Ucraina neutrale e privata delle province a maggioranza russofona e russofila? Promesse invitanti che, bisogna convenirne, stuzzicherebbero chiunque. Concessioni del genere indurrebbero Putin a riaprire le porte all'Occidente e all'occidentalismo, ridimensionando i rapporti privilegiati con la Cina. Io mi auguro che zio Volodja, al tavolo delle trattative, rimanga intransigente e punti con decisione a smantellare la secolare preminenza anglosassone. Non mi fiderei troppo di gente che storicamente ha cercato di eliminarmi in vari modi; ma il valore dei miei e dei nostri sospetti e desideri è pari allo zero. E occorre ricordare che la Russia, nelle sfide decisive, si schiera immancabilmente con gli anglosassoni. Una voce interessata, quella dell’analista Dario Fabbri, conferma che la Russia, presto o tardi, tornerà all’ovile. Rimane da capire a quali condizioni e in quale veste: da figliol prodigo “sconfitto” oppure da trionfatore?

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