In diversi hanno notato che ho praticamente abbandonato Facebook dove mi limito a condividere i link dei miei articoli ma dove non posto quasi più. Le ragioni sono numerose. Primariamente, la recrudescenza di alcuni fenomeni censori, legati all'azienda di Zuckerberg che ormai censura alcune specifiche parole chiave legate ai temi caldi (da quelli politici a quelli geopolitici, da quelli sanitari a quelli climatici) che di fatto rendono impossibile diffondere il proprio pensiero. E poi, anche la tossicità ormai in atto nelle dinamiche interattive sui social, dove orde barbariche di tifosi dell'una e dell'altra parte stanno dando luogo ad un meccanismo letteralmente vomitevole di wannabe che da una parte e dall'altra minacciano rimozioni di amicizie "se stai con Israele/se stai con i palestinesi", poste da persone che, se l'evoluzione di queste vicende le costringessero ad andare in guerra, sarebbero i primi a darsi alla latitanza. In generale mi fa letteralmente vomitare l'idea che ci si debba schierare per ideale e non per interesse. Anche perché, come spesso accade, quello che ci viene venduto come ideale, è semplicemente l'interesse di un alleato, gli Stati Uniti, che da almeno trent'anni è diventato un nostro nemico.
Tralasciate le premesse personali, è dalle premesse storiche in atto che andrebbe letta la storia di oggi. Il Novecento si è sviluppato sull'esistenza dell'URSS. In nome della minaccia rappresentata da quella superpotenza, si sono dapprima creati i nazionalsocialismi, che dovevano tagliare le unghie alla violenza del socialismo reale sovietico e proporre un socialismo più edulcorato, e poi le socialdemocrazie, che sono ideologicamente identiche ai nazionalsocialismi - dei quali fingono di essere avversarie, ma di cui condividono l'ideologia del compromesso tra capitale e lavoro - con l'unica differenza della forma democratica. La storia del Duemila, invece, si sviluppa sul declino degli Stati Uniti che, di fronte all'emersione di un nuovo ordine multipolare, si stanno rendendo conto che il loro progetto imperialistico di Nuovo Ordine Mondiale non è più fattibile. E stanno, quindi, smobilitando dal resto del mondo. Senza questa premessa, è impossibile capire cosa stia accadendo in varie parti del mondo, nel Donbass dallo scorso anno e in Palestina da quest'anno. Ma andiamo con ordine.

Indipendentemente dall'effettiva e indiscutibile presenza di una nazione ebraica che ispira la ferrea determinazione del sionismo di voler creare uno Stato Ebraico, è un fatto incontestabile che senza la presenza degli Stati Uniti, uno stato d'Israele, semplicemente, oggi, non esisterebbe. Israele è un paese piccolo, senza materie prime, la cui forza dipende essenzialmente dai tantissimi ebrei che hanno contribuito con i propri fondi a creare l'ossatura su cui oggi è strutturato, e dalla protezione - peraltro piuttosto ambigua - degli Stati Uniti. Ed è chiaro che nel momento in cui gli americani decidono di abbandonare i vari fronti di guerra per leccarsi le ferite - frattanto cercando di spogliare i propri alleati - i tanti nemici che non hanno mai tollerato la presenza di Israele e degli Stati Uniti, cercheranno quanto più possibile di cancellarne l'esistenza. Una volta che si capisce questo, si può capire l'isteria degli israeliani. La loro stessa sopravvivenza è in discussione e, il giorno in cui si formasse un'alleanza solidamente antisraeliana, di fatto lo Stato Ebraico avrebbe i giorni contati.
La stessa cosa accade nel Donbass. Sebbene cerchino in tutti i modi di far passare la guerra in Ucraina come scoppiata il 24 Febbraio del 2022, in realtà tutto è nato dieci anni fa, soltanto che si è spacciata la reazione - magari anche scomposta e affrettata - della Federazione Russa, dovuta alla convinzione che la debolezza degli Stati Uniti sia ormai irreversibile, con lo scoppio di una guerra nata quel giorno di Febbraio e non dieci anni prima. E questo solo per mascherare l'impotenza effettiva degli Stati Uniti, il cui supporto all'Ucraina è sempre stato blando.

Che conseguenze trarre da tutto questo? Che semplicemente la storia si è rimessa in moto. Fin quando gli Stati Uniti avevano la forza di far sentire la loro presenza nel mondo, sia Israele che i paesi europei godevano di un certo benessere. Oggi che gli Stati Uniti stanno battendo in ritirata, l'emersione di un mondo multipolare fa sì che tutte quelle realtà - si pensi ai paesi africani - un tempo sfruttate fino all'inverosimile, oggi vengano corteggiate da nuove potenze che propongono un trattamento maggiormente paritario, col risultato che gli Stati Uniti non possono più garantire il benessere ai paesi sottoposti alla propria sfera di influenza. In una situazione di questo tipo, non è soltanto Israele ad essere in pericolo ma è in pericolo tutta l'Europa e dunque anche l'Italia.
Non è questione che "se cade Israele, cade tutto l'Occidente" come tuona la propaganda, ma che tanto Israele quanto tutta l'Europa sono stati funzionali all'imperialismo americano e sono state temute e temibili fin quando avevano alle spalle una grossa potenza geopolitica che aveva interesse a difenderli. Venuto meno quell'imperialismo, verranno meno tutte le costruzioni sorte con esso, e dunque anche Israele. Il che spiega l'isteria delle parti in causa.

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Finché l'EU finanzia i palestinesi sotto forma di "fondi umanitari" e in 2 anni dà 691 milioni di euro (fonte: Olivér Várhelyi, Commissario europeo per l'Allargamento e la politica di vicinato) e l'Ucraina vende online il 30% di armi date loro dagli USA acquistate anche dai palestinesi (fonte : Jerusalem Times) tutte le valutazioni del conflitto sono teoricamente valide. Io penso che il "divide et impera", in quell'area, sia stato volutamente supportato in modo da mantenere un certo "equilibrio" in una zona strategica dove finisce l'Occidente e comincia l'Oriente perché non è possibile che, dopo 75 anni, non si sia trovata una soluzione. Penso, pura opinione, che sia i palestinesi che gli israeliani si siano stufati di fare a botte senza poter finire la partita per compiacere gli sponsor e abbiano deciso di fare sul serio.
 
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Franco Marino
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