ATTENZIONE: SPOILER!

La storia inizia nei favolosi anni sessanta. È la storia di due fratelli, Nicola e Matteo Carati, studenti di medicina, figli di una maestra milanese e di un ingegnoso commerciante romano. Roma e Milano, la capitale culturale e amministrativa e quella produttiva e morale. Le esperienze dei due sintetizzano programmaticamente quelle di milioni di sessantottini, “la generazione che ha sognato di cambiare il mondo”, come recita il trailer del film. Salta all’occhio una scena gettonatissima dagli internauti indignados. Mi riferisco al famigerato predicozzo che il professore tiene a Nicola subito dopo l’esame. L’Italia, esordisce il cattedratico, è un paese da distruggere; noi dinosauri accademici restiamo a goderci il - non meglio precisato - meteorite, ma voi giovani in gamba fareste bene a tagliare la corda. Alcuni lo reputano un monologhetto illuminante e profetico, altri un bacio accademico al veleno veicolante becero disfattismo. Matteo prende in consegna Giorgia, un adolescente problematica devastata dalle sedute di elettroshock ma, rimandato ad un esame, si arruola nell’esercito. Nicola, invece, prosegue gli studi e visita la Scandinavia, Eldorado del progressismo continentale e rifugio sicuro di tanti giovani americani renitenti alla leva. Un Erasmus leggermente più serio, diciamo. Lavora in segheria, conosce la poesia di Allen Ginsberg e sperimenta l’incipiente rivoluzione sessuale nel campo dei nudisti. Nicola se la cava coi gavettoni e gli scherzi da naia. I fratelli Carati si ritrovano a Firenze, entrambi angeli del fango. Qui Nicola conosce Giulia Monfalco, una giovane impegnata che suona il pianoforte e studia matematica. Mentre Matteo e i celerini caricano una manifestazione studentesca, un commilitone viene picchiato e reso paraplegico; in Sicilia, dove lo spediscono, si confronta con l’omertà dei cittadini e quella dei superiori amanti del quieto vivere. Frattanto, Nicola si mette in testa di rintracciare Giorgia e si impegna a tutelare i diritti degli alienati; sposa Giulia e ha una figlia, Sara. Mi hanno particolarmente colpito due personaggi, amici dei Carati. Uno è Carlo Tommasi, che sposerà la sorella dei Carati, l’altro Vitale Micavi. Carlo studia economia e ambisce ad entrare in Banca d’Italia; fin da subito si schiera con la “modernizzazione”: è favorevole al ridimensionamento dell’industria pesante, sostiene i licenziamenti dolorosi ma necessari. Prevedibile che finisca nel mirino delle BR; a salvargli la vita ci pensa Giulia, affiliatasi ai terroristi. Vitale invece è un metalmeccanico di origine palermitana trapiantato a Torino. È uno dei 23 mila esuberi del 1980, quando la "marcia dei quarantamila" quadri intermedi mandò in soffitta le velleità sindacali “massimaliste” del PCI berlingueriano. Carlo lo spiega chiaramente a Vitale: debiti e scarsa competitività internazionale giustificano l’operato della dirigenza FIAT. Tommasi è il simbolo della sinistra tecnocratica che ha affossato l’Italia, un degno rampollo di Beniamino Andreatta, un ritratto di Goria, l’omaggio sentito a un Mario Draghi in erba. Andiamo avanti. 1984. Inappagato dalla relazione con la fotografa siciliana Mirella e stanco dei soprusi di una giustizia forte con i poveri e debole con i ricchi, Matteo si toglie la vita buttandosi dal balcone. Giulia, invece, viene arrestata. 1992. Sara è una diciottenne schermidora fieramente giustizialista che detesta la mamma, terrorista carcerata. 1995. Vitale ha appeso al chiodo l’orgoglio operaista. In un primo momento si è adattato a fare il manovale, poi si è arreso alla new economy e ha investito la liquidazione in una fatiscente cascina toscana opportunamente riconvertita in agriturismo. 2000. L’Unione Europea è ormai una realtà e la moneta unica è appostata dietro l’angolo. Matteo ha avuto un figlio da Mirella, Andrea, ormai adolescente. Il ragazzo ripercorre le orme dello zio Nicola, ora suo patrigno (W la promiscuità!), visitando Capo Nord in compagnia della fidanzatina. Il cerchio si chiude.
Simile a un lunghissimo messaggio pubblicitario ligio alla retorica di Palazzo, prodotto dal sodale di Moretti Angelo Barbagallo,
La meglio gioventù è un film di epica tossicolosa che rivisita in chiave debolistica il passato prossimo di un paese dall’identità tubercolotica, con la Grande Storia che di tanto in tanto bussa alla porta dei protagonisti. È quasi il rifacimento italiano di Heimat, la ben più pregnante trilogia di Edgar Reitz che inizia negli anni venti e termina con la riunificazione delle due Germanie. Estraneo ai tormenti esistenziali e filosofici di marca teutonica, La meglio gioventù è il presepe dell’orgoglio progressista del dopoguerra, e pertanto si limita a collocare meticolosamente le proprie statuine: il dottore dei matti in linea col basagliume; l’operaio “resiliente” che transita dal secondario al terziario; il colletto bianco di buon cuore e buonsenso; la poetessa picchiatella alla Ada Merini; la brigatista redenta dagli affetti, il virilone vacillante che sceglie di farla finita. Certe situazioni promanano un puzzo di autorazzismo difficilmente tollerabile, come il già accennato discorso del professore. Degni di rilievo mi paiono pure la stima esagerata di Carlo per la trasparenza cristallina nordica contrapposta alla opaca farraginosità italiota, e la trovata esterofila (forse politicamente motivata, ma meno grave nella sua premeditata e goliardica sgangheratezza) di tifare Corea del Nord ai mondiali del 1966. Il regista Marco Tullio Giordana non è nuovo a queste imprese mistificanti. Nel film I cento passi, ispirato alla vita del militante antimafia Peppino Impastato, mette in bocca al protagonista questa frase "E allora forse più che la politica, la lotta di classe, la coscienza e tutte 'ste fesserie ... bisognerebbe ricordare alla gente cos'è la bellezza. Insegnargli a riconoscerla. A difenderla. Capisci?" Tale frase non è stata mai pronunciata da Peppino Impastato, e a spiegarlo è un suo amico, Salvo Vitale. "Per dei marxisti ortodossi, lo strumento fondamentale che muove la storia è l’economia con le sue spietate leggi, la struttura, rispetto alla quale la bellezza, la morale, le leggi, la religione, la cultura, sono sovrastrutture, cioè conseguenze, spesso inevitabili, della struttura di fondo. Anticipare la fruizione della bellezza all’interno di un sistema brutale, come quello capitalistico, significa avallare strategie e strumenti che tendono a giustificarlo, a legittimarlo, a salvarlo. Non si tratta, quindi, di 'fesserie'". Una licenza volta a romanzare i fatti, per rendere Impastato un attivista estetizzante e un marxista all’acqua di rose; insomma, un comunista da listone prodiano.

Comments

There are no comments to display.

Media

Blog entry information

Author
Caligorante
Views
676
Last update

More entries in Cinema

  • Il film della Cortellesi non l'ho visto e non mi piace (di Franco Marino)
    A proposito del filmetto di Paola Cortellesi "C'è ancora domani", vale la famosa critica: "Non l’ho visto e non mi piace”. E questo giudizio ispira in automatico un incalzamento sulla...
  • Tempi e cinema
    Una Milano sognata, pensata, immaginata quella degli anni 80, da me provinciale del profondo sud, la vidi di presenza e tra le immagini di tanti film. Uno di quelli che mi resta impresso, per la...
  • LA SEMPLICE VERITÀ CHE INFASTIDISCE HOLLYWOOD
    La solita stampa "allineata" ha messo in croce l'uomo in foto, che è indubbiamente un businessman di alto profilo (con tutto ciò che comporta anche in negativo), per aver detto una semplice verità...
  • TOTOSKETCH (da "Il Monaco di Monza",1963)
    (Inauguriamo oggi una nuova rubrica di citazioni tratte dai film del Principe della Risata) Pasquale Cicciacalda davanti ai suoi figli che hanno fame - Provvidenza, moglie mia diletta, perché mi...
  • ZENDAYA ovvero l'ineccepebile intolleranza dei "lobotomizzati"
    Su un post FB di una pagina amica, dove si ridicolizzava il look della modella/attrice Zendaya alla prima del nuovo Dune, mi permetto di aggiungere che l'ho sempre considerata la versione 2.0 di...

More entries from Caligorante

  • Zio Adolfo, in arte liquidatore dell'Europa
    Su X (Twitter), torme di mattonisti, elmi prussiani, neocarolingi e nostalgici vari, la maggior parte dei quali fieri putiniani, festeggiano il centotrentacinquesimo compleanno del loro Mito, il...
  • L'altra Piazza Fontana
    Accadeva centotré anni fa. 23 marzo 1921. Alle 22:40 una tremenda esplosione fa saltare in aria le prime file delle poltrone e la buca dell’orchestra al Teatro Diana di Milano, causando 21 morti...
  • Cari cacasotto, dichiarate guerra alla Russia
    Noto con piacere che la classe politica italiota scopre l'unanimità solo quando si tratta di abboccare all'amo delle psyops targate Anglosfera. Avrei una proposta da suggerire ai parlamentari che...
  • Le polpette avvelenate di Milei
    Durante la sua visita in Italia, il Presidente argentino Javier Milei ha ipotizzato la costituzione di un conservatorismo internazionale contrapposto alle sinistre globali. Inoltre ha ribadito...
  • Divorzio all'italiana.
    Accadeva quarantatré anni fa. 12 febbraio 1981. In Italia viene portato a termine il divorzio tra Ministero del tesoro e Banca d'Italia. A distanza di 43 anni da quella decisione, è possibile...
Top