La mia generazione, complice la diffusione di media molto più moderni e interattivi, si è vista inondare di psichiatri, psicologi, sociologi ed antropologi. Così quando, sempre per la stessa diffusione - e complice anche la progressiva secolarizzazione dei nostri tempi - siamo stati travolti da continui casi di cronaca nera, ci siamo progressivamente convinti che il Bene e il Male non esistano e che ad ogni azione umana corrisponda un retroterra.
Questa tendenza la vidi in particolare quando, da adolescente, ci fu il caso del Mostro di Foligno. Un geometra poco più che ventenne uccise un bambino di quattro anni e, quasi un anno dopo, un ragazzino di tredici, delitto quest'ultimo che di fatto, anche per i numerosi errori che commise, lo consegnò alla giustizia.
Secondo la morale di qualsiasi persona, uccidere dei bambini è il crimine massimo per il quale non esiste alcun tipo di perdono. Hanno voglia i fuffologi a dire che il carcere dovrebbe fungere da luogo di recupero, ma la realtà è che la giustizia è espressione dei costumi che una società vuol darsi e che Chiatti, anche quando uscirà dal luogo dove al momento è rinchiuso - credo ad Oristano o giù di lì - provocherà in tutti il giusto senso di schifo che si può e si deve provare per un soggetto del genere.
E tuttavia, si è insistito molto sulle molestie subite da Chiatti come se queste possano aver determinato i suoi delitti, così come ad ogni omicidio - compreso il terribile familicidio di Paderno Dugnano - si scava nel passato dell'assassino e della vittima per capire se qualcosa possa aver scatenato il tutto. E in questo articolo cercheremo di smontare questo legame di causa effetto. In che modo?

Ognuno di noi nella vita vive momenti molto traumatici, a vari livelli. C'è chi perde i genitori, chi perde i figli, chi viene mollato dalla sera alla mattina da una donna che si rivela completamente diversa da ciò che era, chi scopre una grave malattia, chi viene molestato, chi viene bullizzato. Se ognuno di questi si tramutasse in un delitto, forse avremmo risolto lo spauracchio del sovrappopolamento evocato da Malthus. Restando seri, quel che accade è che alcuni, per ragioni non ancora completamente chiarite, scelgono la via del Male e altri quella del Bene. Non che esse siano assolute - spesso dipendono anche dalla cultura che decide di darsi la società in cui esse si imperniano e che si caratterizzano per una visione condivisa di entrambe - ma poi c'è chi sceglie l'una o l'altra. Attraverso il libero arbitrio, possiamo scegliere, come in un bivio, se quella di metterci al di fuori del consesso sociale oppure rielaborare il nostro passato e spezzare quel meccanismo.
Tra i miei lettori, c'è un signore calabrese la cui famiglia fu coinvolta in una terribile faida che, facendo lui parte della famiglia vincente, vide meno morti tra i suoi che in quella avversaria, ma comunque anche lui ebbe i suoi lutti perché comunque il padre gli fu ammazzato davanti ai suoi occhi. Un bel giorno, decise di contattare un ragazzino della famiglia perdente (che si vide ammazzare, in momenti differenti, davanti ai suoi occhi, padre, nonno, fratello, cugino e zio) e gli disse "Senti, poniamo fine a questo orrore e denunciamo i nostri familiari". Il ragazzino si fidò, la guerra finì, i due diventarono amici e costruirono un'azienda agricola che, credo ancora oggi, gestiscono insieme.

Se ragionassimo come gli psichiatri e cioè "Tizio ha ucciso Caio perché traumatizzato da Sempronio", quella roba sarebbe durata per sempre. Invece, in quel momento, Tizio scelse la strada del Bene, Caio lo seguì e Sempronio se lo pigliò nel culo. E con lui tutti gli antimafiologi.
Ecco, io accuso tutti i partecipanti di questo caravan serraglio - e in generale qualsiasi professionista che ruoti attorno ai delitti - di aver contribuito alla deresponsabilizzazione del Male e alla costruzione di un determinismo psichico funzionale al loro giro di affari. Far credere che questa possibilità non esista e che il Male sia una perenne catena di cause ed effetti slegati dalla volontà individuale, è funzionale al mantenimento del potere da parte di tutta una categoria di fuffologi che hanno interesse a che non si giunga all'identificazione della vera malattia che oggi porta molta gente a fare scemenze: la deresponsabilizzazione. Ci avete fatto caso che nessuno più si assume, con onestà, la responsabilità delle proprie azioni ma cerca sempre di giustificarle con cose altrui?
Per cui, caro potenziale familicida, muliericida, infanticida, leggi attentamente ciò che ti sto scrivendo. Sei responsabile del tuo destino. Sì, se ti capita una sciagura, non è colpa tua, ma è colpa tua se non reagisci nella maniera adeguata. I tuoi genitori saranno anche un po' stronzi, il tuo fratellino romperà anche un po' le palle ma quando decidi di uccidere i tuoi familiari o la morosa che ti ha mollato non lo fai perché nel lontano 1991 è accaduto che hai visto tale scena di tale film e allora da lì hai tratto ispirazione ma perché, dato che quella stessa scena l'hanno vista altre milioni di persone che tuttavia non hanno compiuto familicidi o muliericidi, hai fatto una scelta consapevole tra il Bene e il Male, scegliendo quest'ultimo. E quindi è giusto che paghi finendo la tua vita in galera.
Niente del tuo vissuto giustifica le tue azioni. Queste sono fesserie che servono solo per riempire i talk-show.
Non esistono cause ed effetti. Esistono persone votate al Bene e altre votate al Male. E questo è tutto.


Franco Marino


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Comments

Da quello che ho capito io, essendo fin da bambina interessata alla cronaca nera, si fa una narrazione del protagonista criminale per contestualizzare il medesimo. La domanda a cui si cerca di dare una risposta è: chi è questo criminale? Che storia ha?
E si parte da quando nasce. A volte anche dai genitori.
Chi è, che ne so, Joseph James DeAngelo Jr., il Golden State killer, che l'ha fatta franca per oltre 40 anni? O Richard Kuklinski (tra i 33 e i 250 omicidi, non si sa, ebbene sì: non si sa!) O l'italiano Minghella (vittime accettate 15, neanche di lui si sa)?
Quindi comincia il racconto, e a volte è necessario fare partire questo racconto dai genitori, ma non per deresponsabilizzare il criminale, piuttosto per inquadrarlo, per raccontarlo.
 
Last edited:
Kuklinski era un sicario di mafia, se non erro. Comunque non tutti gli assassini seriali hanno vissuto traumi particolarmente pesanti, così come non tutti gli individui che hanno subito traumi più o meno gravi sono diventati assassini seriali. PS. Perché non scrivi qualcosa sull'argomento?
 
Assolutamente d'accordo con te.
Non credo nella loro riabilitazione e sono convinta che una persona colpevole di tali delitti dovrebbe finire i suoi giorni in una cella.
 
Pensavo di non scrivere nulla perché la mente umana é talmente complessa che ancora nessuno ha capito come funziona. Per me, Bene e Male, non sono entità metafisiche ma situazioni mentali, mi capita di comprendere di più chi sceglie il Male che non tutti quelli che operano nel Bene, Spesso costoro sono obbligati da educazione famigliare o religiosa o sociale o per convenzione, a comportarsi 'bene' salvo poi ruminare dentro di sé pensieri assassini e violenti. Quando avevo 4 anni mia madre tentò di buttare giù dalla finestra mio fratello perché piangeva ininterrottamente giorno e notte, da settimane. Qui gioca l'esasperazione. Glielo impedì una domestica che lo prese al volo. Ma ricordo chiaramente quanto mi sia dispiaciuto che non lo avesse fatto. Semplicemente mi stava odioso e poche settimane dopo, tentai di ammazzarlo io pensando di fare un piacere a mia madre. Fortunatamente non funzionò. Nessuno seppe del mio fallimento. A 4 anni si può essere potenziali assassini? Si può perché ricordo la lucidità nell'architettare il piano e la totale mancanza di empatia verso il neonato. Ogni tanto penso che sarei stata un buon sicario, poi sono stata educata a comportarmi 'bene'.
 

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