Quando pensiamo alla contrapposizione tra conoscenza e ignoranza, generalmente riteniamo conoscenza ciò che è il prodotto dello studio o dell'esperienza personale, come i viaggi in altri paesi che espandono la conoscenza di altre culture; in questo senso, l'ignoranza sarebbe il non sapere, non conoscere in maniera approfondita un argomento, una lingua, una cultura.
Nella dimensione spirituale, conoscenza e ignoranza riguardano due aspetti diversi dell'approccio a noi stessi ed entrambi designano due opposte condizioni della mente.

La mente ignorante è la mente che potremmo chiamare ordinaria, quella succube dell'ego.
In sé, la mente non è sbagliata. Dalla prospettiva del Centro, anche la mente è inclusa nella Grande Armonia, la sua natura non è in conflitto con la verità spirituale. Ma quando il pensiero, che è movimento della mente, viene giudicato dall'io, ecco che la percezione della realtà ne viene deformata, col risultato che l'uomo vive in una costante ignoranza della realtà per ciò che è e si interfaccia ad essa attraverso il filtro della sua percezione.

Quando l'ego si appropria del pensiero, avviene l'identificazione, per cui riteniamo verità oggettiva gli spettri delle nostre paure, gli impeti caotici delle nostre passioni, le impressioni sugli altri. A questo proposito, vi riporto una storiella che troverete in questo capitolo:

Un boscaiolo, non trovando più la sua scure, sospettò che il figlio del vicino gliela avesse rubata.

Iniziò allora a osservare dettagliatamente i comportamenti del ragazzo e si accorse così di un particolare che fino a quel giorno gli era completamente sfuggito: i tratti del suo volto erano spigolosi, simili ai tratti somatici dei criminali e perfino il suo sguardo era sinistro e ambiguo.
Si ricordò anche di un giorno in cui il ragazzo, in compagnia di un amico, aveva bussato alla sua porta per chiedere un po' di sale. Lui li aveva fatti accomodare nel salotto e tornando dalla cucina aveva notato che i due guardavano attentamente ogni cosa, come se stessero studiando l'ambiente per poi tornarvi in altro momento. Ricordò che, andando via, avevano un atteggiamento da impostori, camminavano come due ladri e parlottavano tra loro facendo attenzione che nessuno li ascoltasse.
Da più di dieci giorni, ormai, il boscaiolo analizzava accuratamente tutti i movimenti del ragazzo, quando, passeggiando nella valle, ritrovò la sua scure sotto un grande albero e si ricordò che era stato lui stesso a dimenticarla lì ed era nella stessa identica posizione in cui l'aveva lasciata.
Tornò a casa e si mise a sedere su una panchina del suo giardino. In quel momento il figlio del vicino e il suo amico uscivano per giocare a pallone nel giardino accanto. Il boscaiolo osservò i due ragazzi che giocavano felici. I loro volti erano sorridenti, gli occhi luminosi e i loro discorsi erano simili a quelli che fanno di solito tutti i ragazzi.


Quanti di noi, di fronte alla perdita delle chiavi di casa, non hanno precipitosamente accusato un proprio familiare, assolutamente certi che la colpa di quella sparizione fosse sua? Salvo poi ritrovare le chiavi in borsa.

Quando il pregiudizio si radica nella mente, soltanto la sua smentita può dare una scossa alla propria percezione. Ma mentre una "scossa" dura lo spazio di qualche minuto, la pratica spirituale porta il meditante a essere sempre più consapevole del meccanismo stesso dell'identificazione col pensiero.

Riporto dal capitolo:

La pratica della Meditazione, o pratica del Dharma, così come qualsiasi sentiero realmente religioso, è efficace solamente se il suo scopo principale è quello di abbattere il velo dell'ignoranza e demolire la visione egoica e l'attaccamento all'io. Per questo motivo tutte le esperienze New Age non possono portare a un'autentica conoscenza. Pratiche mirate a comunicare con gli angeli, con gli spiriti dei defunti o tendenti ad acquisire dei poteri come la telepatia o il sopravvento sugli altri, legano all'ignoranza e la accentuano.

Il termine latino
religo significa "riunisco" e anche yoga significa "unione". Quindi un autentico uomo di religione è colui che riunifica le parti che sono state frammentate dalla mente e dalla visione egoica. La liberazione dall'attaccamento all'ego, che è molto profondo, può avvenire grazie alla Meditazione.


Quando noi pensiamo, giudichiamo costantemente e quel giudizio continuo guida il nostro comportamento, le nostre azioni. Se siete o siete state delle persone molto timide, avrete notato come il giudizio costante su voi stessi e la presunzione di giudizio che proiettate sugli altri accentuino la vostra timidezza. Una persona timida vive un autentico inferno interiore, le cui fiamme più alte sono proprio quei pensieri paranoidi che bloccano la spontaneità dell'azione.

Prendere consapevolezza di questo riduce notevolmente la timidezza, perché la stessa consapevolezza porta alla fluidità e la fluidità conduce all'armonia. Quando l'azione sgorga spontanea - spontanea, non disordinata -, la mente può svolgere la sua funzione senza essere accalappiata dai lacci dell'ego.

Scrive Nisargadatta Maharaj:

Io penso esattamente come pensate voi, solamente che il mio pensiero fluisce liberamente perché non ha alla base un ego! Quando io parlo, ascolto ciò che dico insieme a voi, quindi non sono attaccato al pensiero, non sono identificato con il corpo, tutto fluisce liberamente.


E ancora Lin-chi:
la mente vuota è la mente in cui il pensiero fluisce liberamente.

Non bisogna fare attrito con l'attività della mente, come spesso si cerca di fare quando si inizia a meditare, ma osservare il pensiero, osservare il giudizio che si forma su quel pensiero e, giorno dopo giorno, attraverso la pratica, arrivare a osservare i contenuti interiori senza provarne alcun turbamento.
Sarà difficile, faticoso, sacrificante, ma ne varrà la pena.

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Mina Vagante
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