Non ho potuto fare a meno di notare la ripresa del tema del viaggio in ambito artistico, con la figura di Odisseo che è riemersa dal passato mitico e sembra essere l'archetipo dell'uomo degli ultimi tempi.
Ricordo che Recalcati, prima di divenire uno psico-showman della Rai, diede un'acuta definizione dell'attuale generazione: la generazione Telemaco. Telemaco cresce senza un padre, quindi senza colui che può farsi incarnazione della Legge. In assenza di Odisseo, la sua casa viene infatti invasa e spolpata dai proci, sua moglie viene fatta già vedova in assenza di cadavere e insidiata con tanta pressione da spingerla a temporeggiare con l'inganno della tela. Telemaco assiste, impotente, a questo scempio e spera nel ritorno del padre, fino a partire alla sua ricerca, con l'aiuto provvidenziale di Atena.

Mentre i flutti del tempo ultimo tentano di farci deviare dalla rotta verso la nostra Itaca, in cuor nostro sappiamo a chi assomigliamo. Se a Odisseo, in lotta con le minacce e le lusinghe del viaggio, ma saldo nel desiderio della terra natìa, lanciato incontro alla verità del suo destino. Se a Telemaco, sperduto nella confusione della sua dimora, a vivere da schiavo o da straniero in casa propria; col cuore incendiato da rabbia e profondo senso di ingiustizia, ma con l'occhio che punta all'orizzonte, in cerca della sagoma nera della nave paterna. Se a Penelope, memore tenace e testimone fedele di un tempo più felice, in cui tutto era governato da un armonico equilibrio e, in virtù di questa sapienza, decisa a non piegarsi alle contingenze del suo tempo, all'avidità dei proci, all'apparente supremazia di questi rozzi uomini sulla virtus dell'unico uomo che occupa il suo cuore.
Eppure, pur nella drammaticità di queste situazioni, la famiglia divisa è protetta da colei che è tutrice della Legge: Atena, la dea dall'occhio azzurro. La dea che, abile stratega, intesse una rete d'astuzie per favorire il ritorno in patria dell'eroe. Atena è garante del destino della famiglia reale e si fa strumento di questo destino, al quale gli stessi dei sono subordinati, perché sono forze emanate da un ordine cosmico più grande.

Immersi nelle nostre vite, spesso non ci rendiamo conto né in che tempi navighiamo né verso quale destino e nemmeno quale nume si manifesta per aiutarci in questo.
Questo avviene perché spesso non seguiamo la nostra corrente, ma ci poniamo contro essa, confusi dal canto delle sirene, dall'avvenenza di Calipso, dalle mistificazioni di Circe.
Oggi più che mai, saper leggere i tempi è fondamentale per compiere la giusta azione nella consapevolezza di una visione d'insieme. Finché ci si muove nel particolare, qualsiasi valutazione, in qualsiasi ambito, appare parziale e viziata da un'ideologia di appartenenza. Una visione si espande sulla spinta del soffio dello spirito, che conduce la coscienza in territori rinnegati dalla mentalità attuale o talvolta deformati da un afflato spirituale che si incastra nel marasma della new age e ne rimane invischiato, col risultato che non si supereranno mai i condizionamenti a cui siamo quotidianamente sottoposti.

Ma non ci si illuda che basti interessarsi alle questioni spirituali o praticare una qualsiasi disciplina spirituale per avere una chiara visione, perché senza un'Atena, ossia un maestro - un Mentore, potremmo dire - ci incarteremmo nel labirinto dell'ego, che è molto abile a predare i tesori dello spirito o ad appioppare questa nomea alle sue stesse catene.
Come ricorda Pecchioli nella sua ultima intervista per lo Specchio Vuoto, "Abbiamo pochi maestri" e l'intervistatore risponde "È anche vero che il maestro si manifesta quando l'allievo è pronto. Forse ci sono pochi allievi" e ritengo che abbia ragione.
Affascinati dal mito dell'uomo che si fa da solo, in molti ritengono di poter fare a meno di un insegnante, dipinto come una figura paternalistica e autoritaria, presa più a imbottire di nozioni che a educare nel vero senso della parola.
In campo spirituale, in cui vi è la falsa convinzione di poter addentrarsi nei meandri di sé da soli, questa diffidenza verso la figura del maestro emerge quanto più il maestro ti pone di fronte a te stesso. Bisogna anche dare linee generali per discriminare tra veri e falsi maestri: se vi chiede un tornaconto in denaro, sesso o vi spinge ad allontanarvi dai vostri affetti, scappate a gambe levate. Il maestro non fa proselitismo, ma lascia come un profumo che attrae l'allievo che è pronto a farsi guidare e istruire. Sarà talvolta dolce e talvolta duro, ma sempre con cognizione di causa: lui sa di cosa avete bisogno in quel momento, se di una carezza o di uno scossone. Per questo il requisito fondamentale per essere un allievo è la capacità di sapersi mettere in discussione, di fare un passo indietro al momento giusto. Il maestro ci fa da specchio e da filo di Arianna, così che i nostri passi non si addentrino nell'oscurità senza possibilità di rivedere la luce.
Per questo, nell'Odissea, è così importante la figura di Atena: ogni volta che la famiglia perde la bussola nel suo dolore, lei getta una luce, non permette a nessuno di loro di affondare nella disperazione.

Quando si viaggia nel mondo dello spirito, avendo appreso la conoscenza del tempo in cui navighiamo e che, in ambito tradizionale, si usa chiamare Kali Yuga, la meta potrebbe sembrare l'oltre. L'oltre-uomo, l'oltre-io, l'oltre-passato e futuro, perché l'attenzione viene posta sul presente, il Qui e Ora. Si può parlare di oltre? Sì, per semplificare. Ma bisogna andare "oltre" l'immagine. La parola oltre rimanda a un futuro spazio-temporale, ma è veramente così? Quand'è che andiamo oltre?
L'oltre È il presente. Nel presente, quando vivo senza ricordo del passato e fantasia del futuro, sono oltre, perché trascendo la narrazione della mia esistenza e mi pongo in una dimensione di eternità.
Ho vissuto questo nella paura della malattia. In quella paura, che è forte nell'uomo, soprattutto se giovane, mi sono fermata a osservare me stessa mentre la provavo e ho trovato l'accettazione. Io sono qui, non ho niente, forse potrei avere qualcosa, ma prendo questo momento per ciò che è: sono andata oltre, semplicemente essendo presente al mio momento. La paura è una narrazione del futuro, un'ipotesi di futuro: esiste? No. Tutto ciò che esiste è qui, è ora. Non c'è altro. La mia Itaca è qui, è ora. E il mio maestro me la mostra ogni volta che si fa esempio, quindi in ogni attimo della sua esistenza. Me la mostra quando parla, quando ride, quando respira. E, nel suo respiro, mi sta dicendo: "Tu sei questo, il mio respiro è il tuo respiro".

In questi tempi bui, vi auguro di trovare la vostra Atena, affinché il suo occhio limpido possa illuminare la strada o la rotta del vostro viaggio.

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Mina Vagante
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