È decisamente presto per fare analisi della mini-crisi scoppiata la notte scorsa fra Mosca e Rostov sul Don. Intanto perché potrebbe anche non essere finita, e se le truppe della Wagner invertissero la marcia saremmo punto e a capo. E poi, le notizie che arrivano a noi sono decisamente poche, a dispetto del profluvio di analisti da salotto e prostituti da redazione che hanno passato la giornata a ripeterci a pappagallo cose che già sapevamo tutti, o ad ammannirci pastoni futuristici sulla cui inesattezza nessuno pagherà mai dazio. I migliori sono stati il Piagnerella, inviato “de guera” (senza aver mai visto sparare nemmeno una pistola ad acqua) di RaiGnù24 in Ucraina, che ci mostrava in una dettagliata mappa i successi della “controffensiva” di primavera-estate (come le oscene collezioni di alta moda) ucraina attribuendogli gli stessi territori ripresi nell'autunno scorso, e un cosiddetto “finanziere e attivista” anglosassone, che su SkyBalle24 annunciava urbi et orbi che i giorni di Putin “sono contati”. Che sarà anche vero, perché no, d'altronde ce lo ripetono da almeno un anno e mezzo, solo che chi glieli sta contando pare piuttosto di manica larga.

I giornali russi online che seguo, in perfetto stile sovietico, hanno taciuto per praticamente tutta la giornata, facendomi pensare al giorno del putsch dell'agosto 1991, quando su tutti i canali andava in onda un balletto di Čaikovskij. Solo alla fine abbiamo saputo dell'assurdo dietrofront di Prigožin, quando le sue colonne, inspiegabilmente arrivate da Rostov a soli 200km da Mosca in appena una giornata e senza incontrare resistenza, fra l'altro dopo annunci fatali come “la guerra civile è già iniziata”, roba da gente che si brucia i ponti alle spalle, ha ordinato l'alt dopo aver raggiunto un accordo grazie ai buoni uffici di Lukašenko (un altro personaggio che ha dimostrato, negli ultimi anni, di aver più peso ed efficacia di tutto il carrozzone mafioso Euroatlantico).

Per come l'ho vista dalla mia (poca o molta) esperienza di storia e società russa, dai titoli e dalle agenzie che mi è riuscito di scorgere durante una delle fienagioni più incasinate della mia vita, quella di Prigožin è stata una mossa drammatica, che non consentiva passi indietro, dato che, comunque andasse, sarebbe costata la testa al perdente. Anche perché, stavolta, a differenza che nelle piazzate a cui lo stesso Prigožin ci ha abituati, il capo degli Orkestranty non è andato a prendersela con Šoigu o Gerasimov, dei pezzi grossi, va bene, ma comunque sostituibili. Quando ho saputo che la Wagner aveva occupato due grosse città della Federazione Russa e procedeva a tappe forzate verso Mosca, era chiaro che facendola così grossa andava a mirare al pezzo più grosso di tutta la scacchiera. E chi oggi, in una situazione di guerra alle frontiere e di braccio di ferro con la NATO, andasse a giocare con la poltrona di Putin, dovrebbe sapere che sta facendo un gioco mortale. Perché alla fine di una scommessa simile, con una posta che è la massima, l'esito non potrà essere che l'eliminazione fisica di Putin, o quella di chi lo minaccia.

Naturalmente l'idea che Putin fosse sull'orlo della fucilazione e la Russia in procinto di tornare nel “consesso dei popoli civili e democratici” ha provocato un orgasmo collettivo negli onanisti euroatlantici, che già si vedevano a dividersi la torta russa come nei mitici anni '90, pagando qualche dollaro a mafiosetti locali le ricchezze nazionali e magari spezzettando il territorio in tanti staterelli-fantoccio più facili da manovrare, come insegna l'esempio jugoslavo (che se poi ci scappa anche una guerra civile, tanto di guadagnato, le armi le forniamo noi, e a pagare, e morire, saranno sempre gli altri). La delusione, invece, dev'essere tanta, e nonostante dalle redazioni alle cancellerie abbiano già ripreso a ripetere la nota solfa della Russia allo stremo per le sanzioni e Putin prossimo alla morte e curato con bagni di sangue di corna di cervo, è chiaro che nulla di quanto si sperava sia accaduto.

Rimangono molti punti oscuri.

Prigožin è un soldato, non un politico di professione, e sembra piuttosto strano che si sia lanciato in un'avventura del genere senza essere sicuro di avere delle ottime possibilità di successo. Fra l'altro in una di quelle imprese che, per citare Churchill, “non avrei mai osato tentare, ma, tentandola, non avrei mai osato tornare indietro”. Quindi è improbabile credere che abbia sbagliato tutti i calcoli e se ne sia accorto solo dopo 24 ore dopo aver iniziato un vero e proprio colpo di Stato. E che calcoli, poi? Gli uomini della Wagner sono appena qualche migliaio, e anche se fossero stati i 25.000 che millantava lui stesso, non è con quei numeri che si conquista una cosa come la Federazione Russa. E nemmeno Mosca, che è una metropoli di forse 18 milioni di abitanti. È credibile che dovesse arrivare praticamente alle porte di una megalopoli del genere per rendersi conto che non avrebbe potuto assediarne nemmeno una frazione? Altra stranezza: questo corpo militare prende una città, Rostov, che dista da Mosca circa mille chilometri. Non avviene alcuno spargimento di sangue, nonostante, a causa della sua posizione strategica, sia praticamente la tappa fissa per tutte le truppe da e per il fronte ucraino. Poi marcia sulla capitale, e in una mezza giornata fa circa ottocento chilometri, si suppone con una colonna di mezzi pesanti, senza che nessuno gli spari addosso. Certo, le truppe migliori sono impegnate in Ucraina, cosa che fa del colpo di Stato in un momento del genere una vera carognata (la “pugnalata alla schiena” evocata efficacemente da Putin), ma anche il momento migliore per una prova di forza. Eppure sarebbe stato relativamente facile farli a pezzi in autostrada bersagliandoli con l'aviazione. E invece nulla di nulla, se non sporadici scaramucce che non ne hanno intralciato sostanzialmente la marcia. Un comportamento, da parte dell'esercito russo, molto misterioso.

Altro mistero: in un paese come la Russia, con i controlli di sicurezza che la guerra ha reso ancora più pervasivi, non si mette in piedi un colpo di Stato senza che nulla trapeli. E allora, com'è possibile che tutti sembrino cadere dalle nuvole? La cosa sarebbe ancora più difficile da capire nel caso, da molti suggerito, che Prigožin sia stato comprato da qualche governo della NATO. In quel caso, è inverosimile che i vari abboccamenti e la fase delle trattative, che non possono non essere state lunghe e dettagliate, siano passate del tutto sotto al naso dell'FSB.

Nel frattempo mi arrivano alle orecchie due cose che sembrano richiamarsi l'un l'altra. La prima è la dichiarazione alla stampa di un ufficiale russo di stanza in Ucraina, che inveisce contro gli alti comandi: come fanno a dire di essere sorpresi dalle posizioni di Prigožin, se è quello che si dice su tutto il fronte? Se tutti lì sono stufi di essere tenuti in una sorta di macello senza alcuna idea di un piano, una direzione o anche solo una stima del tempo che dovrà durare tutta la guerra? Una chiara, feroce critica a come i vertici militari hanno gestito, o non-gestito affatto, tutte le operazioni sul campo da un anno e mezzo a questa parte.

La seconda è l'indiscrezione che, fra i termini dell'accordo con Lukašenko, Prigožin avrebbe ottenuto anche le dimissioni del ministro della Difesa Šoigu e del capo di Stato Maggiore Gerasimov. Ossia di chi ha diretto e dirige tecnicamente la campagna ucraina.

A questo punto mi è venuto in mente che tutto potrebbe essere una ripetizione del finto golpe turco del 2016, con cui Erdogan, facendo finta di reagire ad una minaccia diretta al cuore dello Stato, fece poi una capillare piazza pulita di tutti gli elementi che, in campo civile e militare, si mettevano di traverso.

Ebbene, oggi è obbiettivamente vero che sia Šoigu che Gerasimov non hanno fatto una bella figura, da vertici di un apparato militare incapace di prevedere e fronteggiare un colpo di Stato. L'inerzia dell'esercito farebbe pensare che alla Wagner sarebbe stato permesso di avanzare senza venir fatti a pezzi, ma senza neppure incontrare adesioni fra le forze armate. Quindi tutta questa potrebbe essere stata una colossale messinscena che permetterà a Putin di eliminare, con una vera purga, gli elementi tiepidi che non lo servono come pretende. E mettere a capo delle operazioni qualcuno capace (magari lo stesso Prigožin?) di farla finita con l'Ucraina. Velocemente, e non importa se in modo brutale.

Allora quelli che per tutta la giornata odierna hanno stappato lo champagne suonando la campana a morto per Putin e la Russia potrebbero scoprire che quella campana suonava per loro.

Comments

Media

Blog entry information

Author
Friedrich von Tannenberg
Views
745
Comments
2
Last update

More entries in Geopolitica

  • In sintesi: perché non credo alla guerra nucleare (di Franco Marino)
    Le sentenze assertive espresse in forma apodittica risultano ridicole se vengono dai grandi opinion leader, figuriamoci se le scrivesse un signor nessuno qualsiasi come chi state leggendo. E...
  • Una guerra persa in partenza (di Franco Marino)
    Devo confessare un certo disinteresse per quel che sta avvenendo in Iran, in Ucraina e in generale nel mondo, a partire da cose gravi e serie come quelle appena citate fino a quelle - in apparenza...
  • CHI MINACCIA CHI
    Penso che a tutti sia capitato di fare un sogno talmente vivido e realistico che al momento del risveglio ci vogliano alcuni secondi per discernere il sogno dalla realtà circostante. Così...
  • Zelensky è rimasto un comico (di Franco Marino)
    Zelensky vuole convocare una conferenza per la pace. "Ottima notizia!" si potrebbe commentare, se rimanessimo ai titoli dei giornali ufficiali. Ma ormai i giornali si sono accodati al fenomeno del...
  • L'Occidente cerca l'incidente (di Franco Marino)
    La prima volta che sentii parlare dell'attacco di Pearl Harbor fu a scuola e ricordo di aver pensato "Questi giapponesi, a proposito di Pearl, sono davvero dei pirloni ad aver attaccato gli...

More entries from vonTannenberg

  • Come il Capitalismo rubò il Natale
    Anche quest'anno il Natale è arrivato, e anche quest'anno l'abbiamo atteso a lungo e a lungo ci siamo tutti preparati per lui. Nei supermercati, è come minimo dai primi di novembre che panettoni e...
  • Napoleon
    Dopo alcuni dubbi, sono andato anch'io a vedere l'ultimo film di Ridley Scott, e l'impressione finale è stata: poteva andare molto peggio. A lungo sono rimasto diviso fra due motivazioni...
  • Il Discobolo e i flagellanti
    Come per molte altre opere d'arte che mi avevano affascinato e innamorato sin dall'adolescenza, anche del “Discobolo” di Mirone ignoravo la collocazione precisa e mi son meravigliato a scoprire...
  • Senza parole
    La notizia è dello scorso luglio, ma apprendo solo ora che alcuni Paesi nord-europei in cui si parla più diffusamente inglese stanno cercando di limitarne l'uso. Olanda, Finlandia, Danimarca e...
  • L'Educazione Sentimentale
    Mai avrei pensato di sentir nominare con tanta passione, tanto spesso e con tanta insistenza il romanzo di uno dei miei scrittori francesi preferiti. Non è famoso come “Madame Bovary” né sontuoso...
Top