La Grande Italia

Il forum dei patrioti italiani

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Ciò che mi affascina della storia (e che raramente vien fatto capire a chi è costretto a studiarla) è che conoscerla ti lascia la libertà di vivere altre vite (una battuta: senza per questo essere prigionieri del samsara con nascita, dolore e morte).
Studiando la storia (che, non mi stancherò mai di dirlo, non è solo date e battaglie), possiamo capire come si sentiva un giovane soldato al seguito di Napoleone in Russia. Possiamo sentire nelle testimonianze, il suo entusiasmo, i suoi sentimenti contrastanti, ma anche la meschinità di chi uccideva per denaro, di chi viveva in campi sporchi e invasi dai pidocchi e dalla pellagra (no: l'uomo medio non è mai stato un travagliato personaggio di Tolstoj o Dostoevskij).
Studiando la storia possiamo percepire i piccoli gesti che cambiarono il mondo o che denotarono una mentalità nuova.
La nascita del capitalismo è già nei quadri dei fiamminghi, di Quentin Massys che nel 1514 dipingeva "Il cambiavalute e sua moglie": l'uomo conta il denaro, moneta per moneta. La moglie sfoglia distrattamente un libro (oggetto di lusso per i tempi, denota anche alfabetizzazione). Nel testo compare un'immagine sacra, una Madonna con Bambino, ma la protagonista è distratta, da cosa? Dallo spirito del tempo: il capitalismo!
La storia è ricostruire la biografia di un adolescente italiano rimasto orfano lungo il viaggio transoceanico verso l'America (famiglia morta di diarrea e denutrizione) e che giunto a Montevideo, lavorò come lustrascarpe sulla banchina portuale, dormendo in strada; poi pian piano salì la scala sociale fino ad aprire un piccolo alimentari dove rivendeva ortaggi coltivati fuori città da altri italiani. La storia è quella cosa che ti porta a guardare diversamente negozi analoghi gestiti nelle nostre città da bengalesi, marocchini, algerini, filippini.
Lo studio della storia ti apre per forza all'altro.
Non puoi capire nulla della vita di qualcuno se non fai il minimo sforzo di metterti nei suoi panni (diffidate da chi argomenta: "posso commentare perché ho vissuto lì", "posso dire perché sono nato lì" - non possiamo capire la Francia di Napoleone o la Persia di Ciro non essendone coevi? Perché studiare le fonti e sviluppare un metodo se bastasse l'esperienza? Un analista serio non cita mai la biografia, perché sovrano è il metodo).
Non credo che la settorializzazione del sapere abbia senso. Quando parlo di storia, parlo di qualcosa che include altri rami del sapere, ho approfondito almeno tre o quattro discipline per cercare di capire un po' (molto poco) di storia.
Un giorno pensai che questa fosse una delle poche cose ad avere veramente senso nella vita: decenni di studio serio (quindi spesso fuori dai percorsi istituzionali) permettono libertà e consapevolezza.
Personalmente ho sempre pensato che lo studio fosse quella cosa che (nel mio caso) denotasse la differenza tra vivere ed esistere.
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