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Quando ero ragazzo, nella nostra comitiva c'era un tizio che voleva spendere un sacco di soldi per comprarsi un elettrostimolatore. In quel periodo, si era attorno agli anni Duemila, andavano molto di moda perché vendevano l'idea - ovviamente truffaldina - che riempendosi di elettrodi sul corpo e poi mandando stimoli elettrici, si potesse riprodurre il meccanismo di contrazione muscolare analogo a quello che si ottiene in palestra sollevando grossi pesi. In sostanza, che si potesse diventare grandi bodybuilder, di quelli che fanno cadere le donne ai propri piedi, stando comodamente seduti in poltrona mentre un apparecchio elettronico faceva il lavoro al posto nostro.
Era naturalmente una sciocchezza ma non c'era verso di convincerlo.
Avevi voglia a dirgli che in realtà non è lo sforzo muscolare a far crescere la massa ma lo stress ormonale derivante dallo sforzo fisico a generare l'aumento endogeno di testosterone funzionale all'incremento della massa muscolare. Avevi voglia a dirgli che è soltanto lo stress fisico a produrre la supercompensazione che è alla base di qualsiasi miglioramento della forma fisica.
Provammo anche a farlo parlare col preparatore atletico della squadra di rugby dove militavo: tempo sprecato. Ed anzi, ad un certo punto non volle nemmeno più vederci. Ai suoi occhi, noi eravamo diventati quelli che volevano ostacolarlo nella sua ricerca del fisico perfetto ottenuto standosene stravaccato in poltrona senza far niente. Ma quella vicenda mi diede contezza di una serie di cose che poi avrei ritrovato in circostanze ben più serie. La prima è che è molto più facile truffare una persona che convincerla di essere stata truffata. E la seconda è che il truffato si attacca pervicacemente alle proprie convinzioni quanto più emergono prove dell'infondatezza delle sue teorie. Quando ho anticipato il mio pensiero sul referendum su Facebook, le reazioni sono state violente ma non inaspettate. Chi mi ha tolto l'amicizia - credendo di farmi chissà quale torto - chi ha reagito dicendomi che "non ho le basi per capire l'economia monetaria", né più né meno di come il fan dell'elettrostimolatore reagiva anche contro personal trainer e preparatori atletici dicendo loro che "non capivano nulla".
Ai tanti che mi hanno riempito di insulti, do un suggerimento: quando una tesi vi disturba, vi offende, vi fa venire voglia di fare del male psicofisico a chi la propone, sappiate solo che non fate altro che avvalorarla. Chi è convinto delle proprie idee, non offende chi la pensa diversamente, cerca di confutarle ma con la serenità di chi può anche accettare che al mondo ci siano persone con un pensiero differente. Tra i miei amici ci sono persone di orientamento socialista con le quali però mi trovo benissimo a parlare perché condividono con me la convinzione che la propria visione è talmente corretta da poter anche accettare che venga messa in discussione.

Proprio questa premessa introduce il tema di fondo: perché il socialismo è fallito? La risposta è semplice: è fallito perché è un'ideologia antiumana. Il che dice come mai, spesso, in nome di un'ideologia, si sviluppino sistemi totalitari retti e gestiti, a vari livelli, da psicopatici che producono malvagità e follia nella misura in cui richiedono comportamenti antiumani, ovvero comportamenti che vanno oltre la natura umana, la contraddicono, pretendono di sovrastarla in nome di un risultato più "alto".
Il socialismo parte dall'idea che i mali del mondo nascano dal fatto che non tutti abbiano le stesse risorse e che quelli che ne hanno di più - appellati sommariamente come "padroni" e "ladri" - le hanno rubate, e non perché magari più bravi e forti degli altri, come in natura, dove all'interno di un branco c'è il maschio alfa e il gregario. E come, del resto, avviene anche tra esseri umani.
Sicché, teorizza il socialista, se redistribuiamo le ricchezze acciocché tutti abbiano la stessa quantità, tutti staremmo meglio. Ci sono però alcuni piccoli problemi: redistribuire le ricchezze richiede che prima si debba averle. C'è chi le ha perché ha una grande forza militare e può depredare le altre nazioni, chi le possiede in virtù di un grande ingegno e di una notevole capacità di risparmio, chi è ricco perché ha molte materie prime e dunque può costruire aziende che hanno tutta la filiera dal produttore al consumatore, chi ha regole molto scialle in merito all'economia e quindi, pur partendo da basi non ottimali, riesce comunque a prosperare. Ma se un paese non appartiene a nessuna di queste categorie, per redistribuire "le ricchezze" o fa debiti oppure è costretto a cannibalizzarsi col risultato di generare un profondo scontento sociale che, sistematicamente - e non può non essere diversamente - degenera nei noti totalitarismi.
Del resto, così come chiunque si occupi di informatica, ben presto comprende che non si può far funzionare un programma incompatibile col sistema operativo del pc che lo ospita, analogamente, non si può chiedere al sistema nervoso umano di fare cose che vadano contro la propria essenza. Gli idealisti pensano che gli esseri umani sono buoni ma che vengano corrotti dalla vita (Rousseau). Il realista, invece, sa benissimo - e lo vede attraverso quei bambini che, se ineducati, diventano mostri di raccapricciante cattiveria ed egoismo - che gli esseri umani sono, per natura, predatori mai contenti di ciò che hanno e che cercano di avere sempre più, dando sempre meno. Inoltre, anche supponendo che la povertà dipenda da una cattiva distribuzione delle ricchezze, cosa accadrebbe se la popolazione dovesse aumentare o le risorse della nazione dovessero diminuire? Bisognerà redistribuire ancora di più, col risultato che chi aveva già poco, avrà sempre meno. E questo si vede anche dal fatto che, nel lungo termine, le redistribuzioni non soltanto non danno i risultati previsti ma, anzi, peggiorano la situazione.
Poi c'è anche un altro problema. Immaginiamo un ragazzino che voglia diventare un grande medico: per quale motivo dovrebbe studiare con passione sapendo che per la società varrà quanto un operaio non specializzato e che il frutto del proprio lavoro dovrà destinarlo ad una collettività magari pronta a farlo fuori di fronte al primo errore?
Chiunque ragioni in maniera serena, arriva ben presto alla banale conclusione che il socialismo, così perfetto sul piano teorico, su quello pratico è totalmente inapplicabile.

L'Italia non è ufficialmente socialista ma, tra le cosiddette "democrazie liberali occidentali", è quella che più si avvicina ad un sistema politico ed economico di stampo sovietico. Il che ci conduce, per esempio, alla cagnara politica dietro il referendum del prossimo giugno. Uno dei punti dei quesiti referendari è questo: se rendiamo i licenziamenti più difficili, le condizioni di vita della gente miglioreranno perché si creeranno automaticamente nuovi posti di lavoro e aumenteranno i salari. E il problema è che, come molte teorie, quando si passa sul piano pratico ci si rende conto che non stanno in piedi. Infatti, norme giuslavoriste vessatorie nei confronti dei datori di lavoro provocano come conseguenza che questi o delocalizzano o addirittura non intraprendono, ottenendo che, a quel punto, è lo Stato a doversi occupare di gestire l'economia, facendo tutti i disastri che purtroppo ben conosciamo.
Oltretutto, se si trattasse di cose mai sperimentate, si potrebbe anche comprendere l'ardore di chi dice "fin qui le cose sono andate male, vediamo se applicando il marxismo andranno bene". Ma dal momento che l'Italia questa visione delle cose la vive ogni giorno sulla propria pelle da ottant'anni e dal momento che l'URSS stessa è fallita e che la Cina è stata costretta dai fatti ad aprirsi al mercato, non possiamo dire che non abbiamo sperimentato la nocività di certe teorie.
A questo si aggiunga un punto: stiamo per entrare in un'epoca storica - e ciò avrà effetto su tutto il mondo - dove proprio l'esauribilità delle risorse, a fronte di una popolazione che aumenta sempre di più, impedirà sempre più la possibilità di fare ponti d'oro a viziati, pigri e svogliati per poi scudisciare chi invece produce ricchezza e si assume il rischio di creare attività imprenditoriali. Va proprio capovolto il concetto di fondo che vuole la povertà come una virtù e la ricchezza come un qualcosa di demoniaco, anche se mi rendo conto che fare questi discorsi dopo ottant'anni di diarchia cattocomunista possa sembrare eversivo e temerario.

Ogni ideologia fallisce non appena incontra la realtà della natura umana, ben lontana da quella disegnata dalle utopie idealistiche, né più né meno di come un sistema operativo dà errore quando si cerca di installarlo sullo smartphone sbagliato.
Il socialismo fallisce perché è antiumano, e, dunque, perché per poter applicarsi pretende che l'essere umano sia gratuitamente altruista, generoso, onesto, disinteressato alla gloria, distaccato dalla vanità. Ossia, quel che non è mai stato né mai sarà se non di fronte ad un potere in grado di condizionarne la coscienza col ricatto di una terribile punizione terrena o divina. Rendendo, dunque, un inferno la vita della gente.


Franco Marino


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