L'ex piddina Stefania Pezzopane, classe 1960, ci tiene a farci sapere che il legame con il torsolone tatuato classe 1983 è stato una figata e che è severamente proibito disapprovare le sue libere scelte individuali. Uno potrebbe obiettare: ma a te cosa ti toglie la signora Pezzopane?
A me personalmente non toglie nulla se non fosse che i liberati e risvegliati della sua risma non esigono l’impunità (poiché non vi è alcun reato nel desiderare di convivere con un compagno di verde età e la congiunzione di due anime non conosce limiti anagrafici) bensì la certezza riconosciuta di appartenere ad una casta privilegiata e incriticabile, da applaudire da mane a sera, che emette diktat insindacabili. Buona spirale ovale, Stefania, ma evita di romperci i coglioni. Però voglio farti sommessamente notare che chiunque potrebbe incappare non dico in una persecuzione– anche se molti effettivamente lo sono! – ma in una critica aspra per le idee che professa, per l’aspetto fisico sgraziato, per le condizioni socioeconomiche in cui versa. Per tali ragioni non pochi subiscono umiliazioni e ciononostante tirano avanti eroicamente, soffrendo in silenzio e in solitudine, lontano dalle luci della ribaltà e dalla carità interessata riservata alle Stefanie Pezzopane. Fottesega se ti sei incapricciata di tuo figlio, anagraficamente parlando, ma chi diavolo sei per asserire che chi ti contesta non sa cos’è l’amore? Se fossi in buonafede impareresti a fregartene del giudizio del prossimo, rifileresti una sonora pernacchia a coloro che osano immischiarsi nei tuoi affari di cuore e morta lì. Invece no, vuoi cogliere la palla al balzo, assumere l’aria e la posa da madonnina infilzata, recitare il ruolo usuale di vittima della vandea maschilista, impartire lezioni d’amore dall’alto del tuo dubbio magistero sentimentale e cedere alle lusinghe indecenti di una Mara Venier invereconda. Vuoi incarnare la cultura del piagnisteo di Robert Hughes in tutto il suo splendore, il femminismo di tutto riposo e di tutto comodo inteso come mala educacion, capriccio passeggero e trasgressione a buon mercato. Il moroso perbenino e ordinario stufa presto, l'Angelo Nero e il bel tenebroso mai; il pericolo e il proibito stuzzicano la fantasia e fanno secernere parecchia adrenalina, suscitano la tempesta ormonale di rito. Il buon marito e padre di famiglia che riga dritto, il classico le cocu Charles Bovary, non fa battere il cuore. È fisiologico e comprensibile.
C’è poco da girarci intorno, le premure di un amante giovane e vigoroso solleticano la vanità repressa o inespressa di una sessantenne male in arnese ma finanziariamente appetibile che ha sperimentato a lungo la desuetudine dai piaceri della carne. Lo stesso dicasi per i maschi danarosi e attempatelli alle prese con ninfette e lolite vogliose di vita facile a spese del loro sugar daddy.
Così va il mondo, certo, ma occorre una discreta finezza e la ferma volontà di curare i diritti della comunità per svolgere al meglio il mestiere del politico. Spesso invece si ha l’impressione che l’unico proposito dei nostri delegati sia quello di esaudire sfizi e vizi e soddisfare orifizi, di abbottonare il talento e sistemare il letto in piazza ostentando la sfera privata e intima, se non le parti pudende. Fermiamo la mala politica che sacrifica il bene generale per istigare la protervia bizzosa di sparuti gruppi sessual-sciroccati. E basta anche con lo scandalismo a strafottere e l’eccentricità conformistica. Tramontate, o fatte tramontare, per non dire debitamente sloggiare, le ideologie e le famiglie partitiche novecentesche, è rimasta la nuda corporeità, l'impulso ossessivo-compulsivo di strafare, di rincorrere e battere i primati della lubrica guittezza propria e altrui. Delegati e delegate ci tengono ad apparire neolibertini che se ne impipano della rispettabilità borghese e perciò dediti a gozzovigliare, flirtare, correre la cavallina e riproporre disinibizioni orecchiate nei thriller americani. Ma è una tendenza generale, europea, come dimostra il caso di Marlène Schiappa (sic), la ministra francese che ha posato per la rivista Playboy. Diversi anni fa Irene Pivetti rinnegò la modestia manzoniana e, rapata a zero e acconciata da dominatrice sadomaso, si illuse di essere una sorta di Annie Lennox
lumbard. Sulle sue orme si è lanciata Nunzia De Girolamo, ennesima e più recente fatalona salita dalla provincia. C’è poco da fare, la donna italica, benché sguazzi come un pesce in quel gran pozzo di sensualità che si chiama Mediterraneo (F. T. Marinetti), non è tagliata per il ruolo di femmina fatale di stampo anglosassone, la quale, per i gusti del sottoscritto, beve e fuma troppo. Cari delegati, siate voi stessi, siate seri e non seriosi, senza isterismi e pruderie neovittoriane.

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