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Voglio condividere con voi un post del noto artista e rocker cagliaritano Walter "Rebel" Carta.


Egli scrive:


"Sapete cosa mi fa sorridere con un'infinita tristezza?


Che troppo spesso questi miserabili, queste brutte persone, questi figli del male, non hanno né tatuaggi, né auto con fiamme decorate, nè Harley Davidson smarmittate, né appariscenti orecchini.


Ma bei vestiti, macchine perfettine, facce da bravi ragazzi e stile assolutamente innocente.


E sono ben accettati sia dalle famiglie, dalla società e dai buoni salotti.


Ed eccovi l'ennesimo mostro.


Il perfetto vicino di casa.


O, perché no, un perfetto fidanzato.


Perché quelli brutti e cattivi, siamo noi."


Questo scritto è riferito alla tragica vicenda di Senago. Per chi non ne fosse ancora al corrente la tragedia in questione si è consumata poco tempo fa nel comune, appunto, di Senago (MI) e riguarda l'atroce morte di Giulia Tramontano e del suo bimbo che teneva in grembo. Ella è stata uccisa per mano del suo compagno e padre del nascituro: Alessandro Impagnatiello. Il quale, dopo aver accoltellato brutalmente la donna, ha tentato di sbarazzarsi del cadavere provando a bruciarlo per ben due volte. Il movente del duplice omicidio? La povera Tramontano aveva scoperto la relazione segreta tra il suo compagno e una collega di lavoro. E purtroppo, come spesso accade, la vittima invece di fare le valigie e andare via ha preteso un appuntamento con il fedifrago per chiedere "spiegazioni". Ma la povera Giulia invece di ricevere spiegazioni ha trovato la morte.


Ora per riprendere le osservazioni veicolate da Walter "Rebel" bisogna inquadrare bene la figura dell'omicida.


Alessandro Impagnatiello lavorava presso un prestigiosissimo bar situato nel centro di Milano: l'"Armani Bamboo Bar". Un locale che già dal nome e dalla location fa tornare alla mente la "Milano da bere", l'edonismo, il glamour, i soldi e il successo. Va da sé che per lavorare in un simile contesto bisogna essere perfettamente permeati di vanità e narcisismo. E infatti se vediamo le foto di Pagnatiello "at work" ci verrà riproposta l'immagine di un trentenne elegante, dal sorriso ampio e accattivante. Una persona a cui istintivamente non si potrà non dare fiducia. La reclame della cortesia e dell'affidabilità per antonomasia.


Però, come giustamente fa notare il nostro "Rebel", tutti noi siamo spesso portati a farci ingannare dalle apparenze. Infatti immaginiamo di non sapere nulla di ciò che è successo a Senago e mettiamo a confronto la foto del noto barman (suo malgrado) con la foto di un gruppo di bikers in canotta, tatuati dalla testa ai piedi, in sella a delle Harley Davidson oppure alle prese con una cassa di birra. Quasi sicuramente i bikers non ispireranno affabilità quanto l'impiegato di un bar esclusivo.


Ma ciò non deve stupirci poiché, come detto prima, siamo spesso legati a dei cliché mentali per i quali pretendiamo di giudicare infallibilmente una persona dall'aspetto fisico, dall'abbigliamento, dal modo di parlare, dalla professione o dal titolo di studio.


E quanto affermato poc'anzi si è realizzato pienamente negli anni della "psico-info-pandemia". Infatti è innegabile che noi tutti (me compreso), fin dagli inizi del 2020, abbiamo seguito con apprensione l'evolversi della cosiddetta pandemia proveniente dalla città cinese di Wuhan. E quando il Covid-19 è approdato in terra italica siamo stati tutti travolti dal terrore che questa misteriosa influenza potesse realmente essere considerata alla stregua di una peste bubbonica del XXI° secolo. Molto semplicemente perché nessuno di noi possedeva gli strumenti per poter discernere o confutare le continue notizie sull'argomento che ci venivano sparate quotidianamente, h24, da tutti i media mainstream meglio noti come i sedicenti "professionisti dell'informazione". E partendo dall'errato presupposto che i giornalisti italiani fossero tutti degli epigoni di Indro Montanelli, Oriana Fallaci o Pier Paolo Pasolini credemmo a tutto ciò che ci veniva raccontato senza fiatare. Ugualmente credemmo alla buona fede dei politici in quanto tali. A tal proposito mi capitò di sentire da una mia conoscente affermare:"Se non dovessimo credere neanche al Ministro della Salute a chi dovremmo credere?".


Ma oltre ai politici fummo letteralmente subissati da fesserie e assurdità che accettammo acriticamente solamente perché veicolate da personaggi col camice bianco e quindi, secondo i nostri famosi cliché mentali, indubitabilmente autorevoli e meritevoli di stima incondizionata.


Mentre, col senno di poi, tutti questi personaggi appena citati si son rivelati dei minus habens meschini, corrotti, profittatori, stupidi, ignoranti se non dei veri e propri criminali.


E tutto ciò per dimostrare, come detto prima, di come sia facile ingannarsi. Di come l'eleganza e l'affabilità di tante persone, compreso Alessandro Impagnatiello, possano celare abilmente un Male intrinseco. E anzi parafrasando la famosa opera di Hannah Arendt, “La Banalità Del Male”, si potrebbe dire che il Male non è solo banale ma è anche elegante.





Alessio Paolo Morrone

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