Sono arrivati i giorni dei morti e, quest'anno, mi piacerebbe tornare all'essenza di queste giornate, accantonando la sterile polemica sulle origini di Halloween, sul consumismo che vi ruota attorno et cetera.
Il culto degli antenati e dei nostri defunti è stato sempre molto importante per l'essere umano, perché risponde al nostro bisogno di ritualità e, più profondamente, ci avvicina al mistero, forse, più grande e di cui non potremo dare testimonianza: la morte.
Il volto di chi ci ha preceduto sfuma nelle pieghe del tempo, regredisce fino al "Fiat" in cui tutto ebbe inizio, forse non iniziando mai, ma sempre permanendo, di forma in forma mutando.
Vita e morte come misteri di un tempo ciclico incomprensibili alla nostra comprensione e inafferrabili, nel lampo di tempo della nostra esistenza terrena.
Nella vertigine di questa contemplazione, ogni anno ci fermiamo, guidati dalle stagioni, e nelle fasi di ogni albero, di ogni fiore, nel ritmo vitale di ogni animale, ritroviamo quell'eco del mistero che pare porre fine a tutto, almeno fino alla prossima primavera.
Ma se ogni pesco muore e poi fiorisce, dove vanno i nostri cari quando il loro cuore cessa di battere?
La processione delle anime, l'offerta in cambio di preghiere perché possano accedere in Paradiso; la notte come tempo privilegiato per penetrare nel mistero della morte, per sentirne il fascino e la paura; il lume fuor di casa come a sancire un legame e, al tempo stesso, una differenza con chi è passato di là, dall'altra parte del velo; il cibo dei morti, il posto vuoto a tavola... C'è tanta vita in chi ricorda i cari defunti, in chi sente l'importanza di onorare gli antenati.
Oggi si critica tanto la forma con cui essi vengono ricordati e, più che rintuzzare una battaglia ideologica basata su uno spesso strato di ignoranza e superficialità, mi piacerebbe che ognuno, nel proprio piccolo, si prendesse cura di questa forma e tramandasse delle usanze che, vissute in piena consonanza alla pietas tradizionale, risponderebbero a quel bisogno di trascendenza, ritualità, religiosità che l'essere umano, da sempre, sente dentro di sé.
Ritorniamo all'essenza delle celebrazioni e qualsiasi divisione, più interiore che esterna a noi, verrà meno.
Il culto degli antenati e dei nostri defunti è stato sempre molto importante per l'essere umano, perché risponde al nostro bisogno di ritualità e, più profondamente, ci avvicina al mistero, forse, più grande e di cui non potremo dare testimonianza: la morte.
Il volto di chi ci ha preceduto sfuma nelle pieghe del tempo, regredisce fino al "Fiat" in cui tutto ebbe inizio, forse non iniziando mai, ma sempre permanendo, di forma in forma mutando.
Vita e morte come misteri di un tempo ciclico incomprensibili alla nostra comprensione e inafferrabili, nel lampo di tempo della nostra esistenza terrena.
Nella vertigine di questa contemplazione, ogni anno ci fermiamo, guidati dalle stagioni, e nelle fasi di ogni albero, di ogni fiore, nel ritmo vitale di ogni animale, ritroviamo quell'eco del mistero che pare porre fine a tutto, almeno fino alla prossima primavera.
Ma se ogni pesco muore e poi fiorisce, dove vanno i nostri cari quando il loro cuore cessa di battere?
La processione delle anime, l'offerta in cambio di preghiere perché possano accedere in Paradiso; la notte come tempo privilegiato per penetrare nel mistero della morte, per sentirne il fascino e la paura; il lume fuor di casa come a sancire un legame e, al tempo stesso, una differenza con chi è passato di là, dall'altra parte del velo; il cibo dei morti, il posto vuoto a tavola... C'è tanta vita in chi ricorda i cari defunti, in chi sente l'importanza di onorare gli antenati.
Oggi si critica tanto la forma con cui essi vengono ricordati e, più che rintuzzare una battaglia ideologica basata su uno spesso strato di ignoranza e superficialità, mi piacerebbe che ognuno, nel proprio piccolo, si prendesse cura di questa forma e tramandasse delle usanze che, vissute in piena consonanza alla pietas tradizionale, risponderebbero a quel bisogno di trascendenza, ritualità, religiosità che l'essere umano, da sempre, sente dentro di sé.
Ritorniamo all'essenza delle celebrazioni e qualsiasi divisione, più interiore che esterna a noi, verrà meno.