Per vita privata e lavoro, mi trovo a contatto con moltissime situazioni familiari difficili.
La maggior parte delle persone che conosco, per esempio, è separata.
Un tempo, ancora quando ero piccola io, i genitori separati erano pochissimi e la condizione dei figli di genitori separati sembrava una bambagia, perché c'era il mito dei doppi regali a Natale, per il compleanno e anche in momenti diversi dell'anno, in una sfida a chi più si dimostra amorevole tra mamma e papà.

Oggi la situazione è cambiata e a quel mito non crede più nessuno. La sofferenza di vedere i propri genitori divisi è una profonda lacerazione nel cuore di un figlio, perché significa mettere in discussione quel legame che gli ha dato la vita.
Non giudico chi si è separato, perché conosco persone separate che non avrebbero voluto farlo, che hanno provato a tenere in piedi una relazione che si reggeva non su quattro, ma su sole due gambe; persone che non hanno retto di fronte a un tradimento, altre che sono fuggite da un coniuge abusante.
Ci sono tante storie dietro le separazioni, per cui non si possono etichettare tutte allo stesso modo.

Va però riconosciuta la sofferenza dei bambini.
Per qualche caso strano del destino, mi sono trovata a conoscere molti bambini, figli di genitori separati e posso assicurare che anche dentro il bimbo più tranquillo, è nascosto un vulcano di dolore, rabbia, ingiustizia, impotenza e recriminazione che, in genere, trova la sua valvola di sfogo nel periodo adolescenziale.
Ho potuto assistere, diverse volte, a scenate furiose, mutismi improvvisi, apparenti capricci che, in realtà, non erano altro che espressioni di un NO chiaro e netto alla separazione dei genitori.

Questa sofferenza ignorata, che esorcizziamo con giustificazioni e autoassoluzioni, mi ha fatto addirittura pensare che, se dovesse mai accadere qualcosa di brutto con un eventuale padre dei miei figli, preferirei soffrire, io, piuttosto che far vivere un peso del genere ai miei bimbi.
Poi, certo, la realtà è altro dalle buone intenzioni e non saprei davvero come potrei reagire se avvenisse qualcosa che considererei irreparabile. Ma è giusto prendere atto di questo malessere, soffocato dalla melassa propagandistica delle famiglie allargate, o dal concetto di libertà individuale che si estende fino a imporre un'accettazione totale e acritica delle proprie scelte di vita da parte dei figli.

E non voglio, con questo articolo, far sentire in colpa i genitori separati, perché, repetita iuvant, i motivi che hanno portato a una scelta tanto dolorosa possono essere tanti.
A questi genitori voglio solo consigliare di accompagnare i figli in questo dolore, anche quando vi chiedono di essere lasciati in pace o vi dicono che vi odiano. Sì, è vero, vostro figlio non è il primo figlio di genitori separati al mondo, così come nessuna donna che partorisce è la prima donna che partorisce al mondo.
Ma voi direste mai, a una donna piegata dai dolori del parto, di non fare chissà che scenata, poiché non è la prima al mondo a partorire?

Ognuno è il primo in ciò che sta vivendo, perché ogni cosa nuova, inaspettata, bella o brutta che sia, è la nostra prima volta.
E un bambino che soffre è un bambino che ha bisogno di vedere riconosciuta la sua sofferenza, di qualunque tipo essa sia.

Troppo spesso si liquidano certi comportamenti infantili come capricci o vizi, senza stabilire un dialogo col bambino che li sta manifestando. Sapeste quanto bene si può fare a un bambino semplicemente prestandogli ascolto!
Ascoltare un bambino è comunicargli che si è presenti per lui e che si è interessati non solo a ciò che dice, ma a ciò che è.

Noi adulti dovremmo impararlo, interiorizzarlo e riprenderci la responsabilità della nostra azione nel mondo, perché è in quell'azione che il bambino si rispecchia e, in essa, trova un centro e una direzione.

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Mina Vagante
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