Se tu incendi l'estremità di una corda e la fai girare velocemente, vedrai un illusorio cerchio di fuoco, in apparenza molto concreto. Puoi anche riprenderlo con una videocamera, fotografarlo, ma in realtà non esiste perché è un'illusione causata dalla corda incendiata che gira rapidamente. Allo stesso modo, anche l'ego non esiste, non ha sostanza, non ha continuità, perché è un insieme di pensieri legati alle dinamiche della memoria e delle proiezioni della mente.
Con questo esempio, che tengo a riportare testualmente secondo le parole di Marco, egli spiega l'inconsistenza del fenomeno egoico e mentale.
Può essere difficile considerare l'ego, ciò che compone quella che chiamiamo "nostra identità", inconsistente e illusorio, perché lo stesso pensiero che sia così può essere traumatico.
In realtà, se prendiamo in considerazione un altro punto di cui parla questo capitolo, vedremo che la questione è un'altra. Cito sempre dal capitolo:
Come si vede, ognuno di noi è generalmente dominato da più "Io", che compongono un'identità perlopiù contraddittoria e che si crede essere ciò che realmente siamo.
La verità è che il metro con cui possiamo valutare la nostra autenticità è il livello di libertà rispetto alle cose.
Sento l'irrefrenabile bisogno di andare a donne appena ne ho l'occasione? Non sono libero.
Devo seguire l'impulso di mangiare tutto ciò che vedo e mi piace? Non sono libero.
Mi nego del tempo per coltivare una passione artistica perché mi sento in colpa verso la famiglia o il lavoro? Non sono libero.
I condizionamenti, di qualsiasi tipo, non ci rendono né persone libere né persone autentiche. E sono prodotti dalla mente e dalle stratificazioni egoiche che abbiamo costruito nel tempo, anche dipendentemente dall'ambiente in cui siamo cresciuti, dalle persone con le quali siamo cresciuti.
Riconoscere questo non è fare un processo al passato, ma aprire gli occhi alla realtà di ciò che ci è stato insegnato e a cui abbiamo risposto e reagito in uno o più modi, secondo la nostra indole. Una volta fatto questo, non serve rimestare nelle colpe dei genitori, per esempio, ma occorre fare un primo passo verso un cammino di consapevolezza. Prima eravamo incoscienti e non potevamo assumerci le responsabilità del nostro atteggiamento verso noi stessi e verso il mondo; una volta che si ha chiara la realtà della mente, è giusto e doveroso assumersele.
L'ego è inconsistente e non è altro che, citando Marco, un flusso continuo di pensieri senza sostanza, né alcun tipo di concretezza.
Per realizzare questo tipo di consapevolezza, bisogna osservare quotidianamente il flusso dei pensieri, cioè praticare meditazione ogni giorno. La comprensione può esserci a livello intellettuale, ma sarà sempre una comprensione parziale e distorta, perché prodotta dalla stessa attività mentale.
Se l'ego è inconsistente, se i pensieri sono inconsistenti e l'Io non è reale, chi sono? Cos'è che mi fa muovere e financo pensare con strumenti che, in sé stessi, sono forme vuote?
Se la mia identità non esiste, chi sono?
Nelle Upanishad è scritto:
Meraviglioso! Tu non sei questo coacervo di pensieri, impulsi, identificazioni, compulsione, proiezioni, ma sei l'Essenza - l'Ātman, il Brahman - dell'Universo. E l'Essenza dell'universo è anche quella che comprende i fenomeni mentali ed egoici coi quali sperimentiamo l'esistenza terrena! Grandioso!
Tutto il cammino spirituale non è che un immenso ritorno a casa, all'Essenza da cui proveniamo e dalla quale non siamo mai stati, non siamo e mai saremo separati, perché noi siamo l'Essenza.
Vi invito a leggere non solo questo bellissimo libro, amici, ma anche le Upanishad, perché i contenuti e il linguaggio delle Upanishad sono porte che spalancano al Divino.
Con questo esempio, che tengo a riportare testualmente secondo le parole di Marco, egli spiega l'inconsistenza del fenomeno egoico e mentale.
Può essere difficile considerare l'ego, ciò che compone quella che chiamiamo "nostra identità", inconsistente e illusorio, perché lo stesso pensiero che sia così può essere traumatico.
In realtà, se prendiamo in considerazione un altro punto di cui parla questo capitolo, vedremo che la questione è un'altra. Cito sempre dal capitolo:
In realtà non esiste un solo "Io", ma una molteplicità di Io all'interno della stessa illusione. Come nel romanzo "Uno, nessuno, centomila" di Pirandello, ogni Io è come una sorta di maschera che si adatta a diverse situazioni. Questo apparente Io unitario che chiamiamo "nostra personalità" o "immagine di noi stessi", si compone di una pluralità di Io, spesso in conflitto tra loro: l'Io che va con le prostitute entra in attrito con l'Io del bravo ragazzo che non tradirebbe mai la sua fidanzata, l'Io che va a messa tutte le domeniche è in contrasto con quello che gioca compulsivamente alle slot machine.
Come si vede, ognuno di noi è generalmente dominato da più "Io", che compongono un'identità perlopiù contraddittoria e che si crede essere ciò che realmente siamo.
La verità è che il metro con cui possiamo valutare la nostra autenticità è il livello di libertà rispetto alle cose.
Sento l'irrefrenabile bisogno di andare a donne appena ne ho l'occasione? Non sono libero.
Devo seguire l'impulso di mangiare tutto ciò che vedo e mi piace? Non sono libero.
Mi nego del tempo per coltivare una passione artistica perché mi sento in colpa verso la famiglia o il lavoro? Non sono libero.
I condizionamenti, di qualsiasi tipo, non ci rendono né persone libere né persone autentiche. E sono prodotti dalla mente e dalle stratificazioni egoiche che abbiamo costruito nel tempo, anche dipendentemente dall'ambiente in cui siamo cresciuti, dalle persone con le quali siamo cresciuti.
Riconoscere questo non è fare un processo al passato, ma aprire gli occhi alla realtà di ciò che ci è stato insegnato e a cui abbiamo risposto e reagito in uno o più modi, secondo la nostra indole. Una volta fatto questo, non serve rimestare nelle colpe dei genitori, per esempio, ma occorre fare un primo passo verso un cammino di consapevolezza. Prima eravamo incoscienti e non potevamo assumerci le responsabilità del nostro atteggiamento verso noi stessi e verso il mondo; una volta che si ha chiara la realtà della mente, è giusto e doveroso assumersele.
L'ego è inconsistente e non è altro che, citando Marco, un flusso continuo di pensieri senza sostanza, né alcun tipo di concretezza.
Per realizzare questo tipo di consapevolezza, bisogna osservare quotidianamente il flusso dei pensieri, cioè praticare meditazione ogni giorno. La comprensione può esserci a livello intellettuale, ma sarà sempre una comprensione parziale e distorta, perché prodotta dalla stessa attività mentale.
Se l'ego è inconsistente, se i pensieri sono inconsistenti e l'Io non è reale, chi sono? Cos'è che mi fa muovere e financo pensare con strumenti che, in sé stessi, sono forme vuote?
Se la mia identità non esiste, chi sono?
Nelle Upanishad è scritto:
E dove risiederà la radice del corpo se non nell'acqua? Analogamente se riteniamo il germoglio l'acqua, figlio mio, il calore (tejas) sarà la sua radice. Se consideriamo il calore un germoglio l'essere (sat) sarà la radice. Tutti i viventi hanno le proprie radici nell'essere (sat), si basano sull'essere, si sostengono sull'essere. Ora mio caro ti è stato detto come queste tre divinità pervenute nell'uomo siano divenute triplici. Quando un uomo muore, mio caro, la parola rientra nella mente,la sua mente rientra nel soffio vitale, il soffio vitale rientra nel calore e questi rientra nella suprema divinità. Qualunque sia questa essenza sottile, tutto l'universo è costituito di essa, essa è la realtà di tutto, essa è l'Ātman. Quello sei tu (Tat tvam Asi).
Meraviglioso! Tu non sei questo coacervo di pensieri, impulsi, identificazioni, compulsione, proiezioni, ma sei l'Essenza - l'Ātman, il Brahman - dell'Universo. E l'Essenza dell'universo è anche quella che comprende i fenomeni mentali ed egoici coi quali sperimentiamo l'esistenza terrena! Grandioso!
Tutto il cammino spirituale non è che un immenso ritorno a casa, all'Essenza da cui proveniamo e dalla quale non siamo mai stati, non siamo e mai saremo separati, perché noi siamo l'Essenza.
Vi invito a leggere non solo questo bellissimo libro, amici, ma anche le Upanishad, perché i contenuti e il linguaggio delle Upanishad sono porte che spalancano al Divino.