Non guardo da anni la televisione, fatta eccezione per quei canali di disinformazione che mi impongo di seguire per rendermi conto del punto a cui è la manipolazione di massa. Quindi ignoravo l'esistenza di un programma diretto da tal Formigli, erede di quei pollai anni '90 in cui una serie di invitati di maggioranza e di opposizione urlavano l'uno all'altro di smetterla di urlare per permettere a loro di parlare. Sino a ieri, quando un contatto su Facebook mi ha fatto scoprire cosa accaduto nell'ultima puntata, quella in cui una ragazzina di origini africane ma probabilmente con cittadinanza italiana (parlava l'italiano senza accenti particolari, o per meglio dire lo gridava), attivista di quel gruppo terrorista che è Ultima Generazione, sedeva vicino a Borgonovo del quotidiano “La Verità”, Alberto Prestininzi, un attempato professore studioso di climatologia (ordinario alla Sapienza) e altri che non ho riconosciuto. Gli spezzoni che ho visionato sono stati quelli in cui la negretta si sbracciava cercando di tener banco contro tutto e tutti, persino a dispetto di Formigli che, teoricamente dalla sua parte, doveva essersi reso conto dell'errore e cercava, visibilmente imbarazzato, di tenerla a freno (per lo più senza successo). Il professore, con calma e dignità, esprimeva che allo stato attuale delle conoscenze scientifiche è assurdo e controfattuale sostenere che l'azione umana possa frenare o accelerare i cambiamenti climatici, men che meno fermarli. Borgonovo, da par suo, criticava i metodi isterici e violenti delle cosiddette “proteste climatiche”.

Ora, cosa sia “Ultima Generazione” e cosa facciano i suoi membri, è noto a tutti, e me ne sono già occupato: imbrattando opere d'arte e monumenti che neppure in dieci delle loro vite potrebbero ripagare (e facendo sprecare risorse e acqua in quantità a chi poi va a ripulire), e fermando il traffico (costringendo così centinaia di auto a star ferme a motore acceso ed aumentando le emissioni, fra l'altro), sono catalogabili come aspiranti terroristi, tanto per usare un eufemismo. La cosa che però ho trovato illuminante, da quella puntata, è stato osservare il comportamento della ragazzina. Già nella presentazione iniziale faccia a faccia con un Formigli tutt'altro che ostile, la negretta ammetteva che la sua principale occupazione sia, attualmente, “la campagna”. Che non è, come si potrebbe sperare, il lavoro dei campi, quello sì ecologico e climaticamente meritorio, ma quella di disturbo da parte sua e dei colleghi “attivisti”, che l'ha vista, fra le altre cose, sversare liquido nero nella fontana di Piazza Navona a Roma. Alle deboli rimostranze del conduttore, che paventava l'effetto controproducente a livello di immagine del gruppo, la ragazza dimostrava di non curarsene poi tanto, dato che il problema, per lei, era che la gente “non si incazza comunque coi petrolieri”, ossia non fa quello che loro vogliono faccia per farli sentire meglio. Peccato Formigli non le abbia chiesto come si spostano, lei e i colleghi, da una parte all'altra dell'Italia, per commettere le loro imprese: avremmo magari scoperto che per far prima nell'opera di sensibilizzazione gli attivi attivisti prendono auto, treni o aerei, per la gioia dei petrolieri che combattono.

L'intervista continua in maniera a volte imbarazzante, come quando, eludendo la domanda se lei sia davvero convinta che il mondo finirà presto, la negretta svicola con l'affermazione che il problema vero è che ci sta mancando l'acqua e il cibo (qualcuno ha notato carenza d'acqua e cibo nella dispensa di casa?), e inanellando una serie di banalità spesso slegate l'una dall'altra ma con il filo conduttore che è la disperazione intima della sua generazione e l'incapacità di un mondo crudele e avido che rifiuta di dar loro retta e mettersi nella via della salvazione. Persino quando il sempre più impacciato Formigli le chiedeva di parlare della sua giornata-tipo, tanto per vedere in concreto come lei salvasse il clima con le piccole scelte del vivere quotidiano, la risposta era un secco “NO”: bisognava parlare delle azioni criminali del nostro governo e delle “compagnie fossili” (sic) ed evitare questi mezzi di distrazione di massa. Alla flebile rimostranza che persino Greta, a quella domanda, aveva risposto, la sempre più lanciata signorina tagliava corto con un netto “Io non sono Greta” (vero: probabilmente è riuscita ad essere anche peggio), al che Formigli chiudeva l'intervista per evitare il peggio. Più interessante apprendere che, per le imprese di imbrattamento e interruzione del traffico cittadino non le venga fatto assolutamente niente, tranne una serie di multe, dell'importo variabile (1.400€ per la sola bravata a Piazza Navona) e che lei, candidamente, ammette di non pagare, perché “ci sono problemi più importanti da risolvere, come la desertificazione di un quarto dell'Italia”. Me lo segno per la prossima lettera che riceverò dall'Agenzia delle Entrate.

Il bello, però, arriva dopo, durante il dibattito. La negretta, infatti, pretendeva non solo di imporre il proprio punto di vista, ossia che siamo responsabili del riscaldamento climatico, che il governo Meloni è il più colpevole di tutti (“criminale”, nelle sue parole, senza che si capisse in cosa lo sia peggio del suo predecessore), ma persino che la discussione si fermasse e riprendesse da dove lo diceva lei. Usando ad esempio il solito sondaggino confezionato fra il pubblico a casa, e che mostrava un 85% di ascoltatori d'accordo con la tesi che “bisogni fare qualcosa contro i cambiamenti climatici”, la tizia si sgolava a sbandierare un “85% della POPOLAZIONE ITALIANA” (sic) che stava con loro e le loro azioni, procedimento retorico così scopertamente deformante che persino il pubblico di La7, secondo me, deve aver sentito puzza di bruciato. Ma le reazioni più sguaiate le ha avute dopo, sia contro Borgonovo, che lamentava la maniera di sistematico disturbo di persone incapaci di qualsiasi dialogo, perché incapaci di comprendere la dialettica domanda-risposta, che contro il professore, il quale pretendeva (orrore!) di leggere le cifre e i risultati di uno studio serio e recente sul clima. Questa esaltata si levava il microfono e lo sbatteva di fronte allo studioso accusando tutti di non parlare di quello che voleva lei. Il professore le dava della pura maleducata incapace di ascoltare quello che aveva da dire qualcuno che aveva studiato per 50 anni l'argomento su cui lei blaterava da un'ora.

Credo che il buon Borgonovo abbia emesso la diagnosi migliore di tutte su questo gruppo di giovani e giovanissimi, molto più rappresentativo di quanto non si creda: non sono lucidi, ma esaltati servi di un sistema che li usa, dando loro esposizione mediatica e impedendo che prendano anche solo uno di quegli schiaffi che potrebbero farli rinsavire, come una doccia di fredda realtà di vita.

Sì, questo si può dire della sedicente Ultima Generazione: le Grete, le Sheena Nakate e le sciroccate nostrane sono dei casi di competenza psichiatrica. Una diagnosi impegnerebbe parecchio un professionista, facendo emergere tanti di quei punti di disagio psichico da far felice qualsiasi società farmaceutica. L'autismo è il minimo che gli si possa diagnosticare, essendo palese l'incapacità di relazionarsi col mondo esterno e con gli altri esseri umani se non rimanendo rigidamente aderenti ai paradigmi e alle parole d'ordine di quella che sembrerebbe una vera e propria setta: relazionarsi che si riduce ad un rimpallo di frasi fatte e allarmi stereotipati sulla siccità, le piantagioni che muoiono e il futuro che gli è stato perfidamente negato. Andando avanti, si nota l'assoluta cecità di fronte a qualsiasi ricostruzione dei fatti differente da quella che gli è stata propinata. È stato meraviglioso sentire la negretta gridare in faccia al professore che “la discussione sul clima è terminata vent'anni fa. Punto”, come a voler tappare la bocca a qualsiasi ulteriore ricerca, e pulendosi le terga con lo stesso concetto di ricerca scientifica, che, per definizione, non finisce mai. Punto un par di palle, quindi, e scusate il francesismo.

E poi c'è la dissociazione. Questi ragazzi, come ha fatto notare il sempre acuto Borgonovo, usano il cellulare, prendono l'autobus, l'auto e l'aereo (anche perché, inutile negarlo, più sono in prima fila a fare casino più sono figli di buona famiglia, anche quelli più figli di mignotta), ma LORO non sono mai responsabili di nulla. Ad inquinare sono il governo criminale e le “compagnie fossili”, qualsiasi cosa questo voglia dire (forse strutture produttive risalenti al Paleozoico?). Loro imbrattano Palazzo Vecchio per sensibilizzare contro all'inaridimento delle falde acquifere, e se poi ci vogliono 40mila litri d'acqua per ripulire le loro porcherie, non battono ciglio, loro sono costretti a farlo perché “la gente è alienata e non capisce”. E meno male, perché se trovasse comprensibile questo delirio allora sì, sarebbe finita.

Insomma, siamo di fronte ad un'intera generazione di ragazzi, quello che dovrebbe rappresentare il nostro futuro, che non solo ha rinunciato a qualsiasi visione del futuro, a progetti di miglioramento personale, di crescita umana, di apprendimento e realizzazione, si è infilata in una visione allucinata della realtà fatta di apocalissi imminenti, un Nemico subdolo che è ovunque e i propri simili come un gregge beota da costringere a seguire con le buone o con le cattive. Se avessero le armi avremmo un clima da terrorismo politico esattamente come negli anni '70. Invece hanno solo colla e vernice, e sono un problema di demenza generazionale che ci mette tutti in grave imbarazzo, dato che con dei successori del genere davvero non c'è speranza. Perché se i mezzi di informazione guidati dall'élite finanziaria globale sono riusciti a manipolare un'intera generazione sino a questo punto, non abbiamo armi per contrastarla. Riflettiamoci: durante la gestione autoritaria della finta pandemia, i giovani si son fatti rinchiudere in casa e hanno portato docilmente la mascherina per anni, tatuandosi l'infame lasciapassare verde e arrivando a insultare i propri coetanei che protestavano per la negazione del diritto allo studio. Sono stati i 50enni a mettersi di traverso, fregandosene dei divieti e delle multe. Sono state le persone più avanti con gli anni, gente che lavora, uomini e donne che avevano più da perdere, a scendere in piazza, a protestare a costo di venir esclusi dal lavoro o vedersi negato l'ingresso in ospedale per curarsi, sino a venir malmenati dagli sgherri del regime e insultati e messi alla berlina dalla stampa più vile e prostituita del sedicente mondo civilizzato, mentre i cosiddetti giovani, per definizione ribelli, obbedivano in silenzio e mandavano giù qualunque menzogna. Oggi quegli stessi giovani fanno finta di fare la rivoluzione, e per cosa, poi? Per farci dilapidare i pochi risparmi rimasti al fine di arricchire qualche multinazionale che produce motori elettrici e pannelli solari. Sono davvero dei casi clinici. E grazie a Basaglia non abbiamo neppure più i manicomi per tenerli al loro posto.

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Friedrich von Tannenberg
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