La Grande Italia

Il forum dei patrioti italiani

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Tra le riflessioni emerse ieri durante l'incontro con Franco Bartolomei Mario Michele Pascale e Ferdinando Pastore sul loro libro "Il socialismo e la battaglia contro la Seconda Repubblica", abbiamo vagheggiato un confronto tra il percorso italiano e quello jugoslavo nel Dopoguerra, interrotto drammaticamente dalla guerra civile e dall'intervento della NATO.

Il nodo che abbiamo sviluppato, prendendo per buoni alcuni spunti di partenza, riguardano il potenziale dei due paesi mediterranei in qualche modo giocatori liberi.
La Jugoslavia marxista eretica si era già catapultata fuori dal coro del campo sovietico, pur rimanendo socialista e cercando di sviluppare un proprio percorso. Non voglio entrare nel merito del se fosse o meno corretto, quello che deve interessarci oggi sono i dati: la Jugoslavia per prima teorizzò un socialismo autogestionario incentrato sulle cooperative e con elementi di mercato (a Belgrado vissero i nonni del socialismo di mercato odierno?).

Tanti gli elementi in comune tra l'Italia della Prima Repubblica e la federazione, non solo la tendenza a uscire dalle regole.
Crollato il muro, sparita la cortina, i due paesi, finalmente liberati dai ruoli tradizionali avrebbero potuto sviluppare in pieno una politica nazionale e internazionale, terza si direbbe.
Belgrado aveva maggior libertà dal proprio campo, c'era il precedente di essersi liberati (aver vinto la guerra) da soli; elemento condiviso con gli albanesi. La liberazione in proprio del proprio territorio nazionale permetteva di veder rispettata la propria autonomia; privilegio di cui l'Italia, nazione sconfitta ed occupata nel dopoguerra, non poteva far vanto.

La Jugoslavia aveva capitalizzato questa libertà, diventando assieme a Egitto e India, uno dei fondatori del Movimento dei Non Allineati (ricorrente binomio quello tra non allineamento e socialismo di mercato) e potendosi permettere maggiori libertà in ambito di turismo, cinema e musica rispetto ad altri paesi orientali.
Senza dubbio era il più occidentale dei paesi orientali, il più aperto alle influenze e alla cultura italiana, francese o statunitense.

L'Italia della I Repubblica era un paese occidentale con forte presenza dello Stato in economia, partiti radicati nelle grandi massa e coinvolti in un dialogo democratico-progressista. Anche l'Italia (vedi Mattei e politica estera filo-araba) vantava una propria alterità politica e anche l'Italia (pur nel contesto occidentale-capitalista) presentava delle proprie peculiarità, all'interno delle quali anzi era riuscita ad affermarsi come quinta economia mondiale.

Caduto il muro queste due nazioni furono silurate da azioni poco chiare e solo tra qualche decennio con la desecretazione degli atti della CIA sapremo qualcosa di più.
A inizio anni '90, i due paesi (le rispettive classi dirigenti inquadrate in partiti nati dalla lotta antifascista) furono spazzati via, assieme ad ogni refolo di partecipazione democratica, di intervento dello Stato nell'economia: nel 1991 Slovenia e Croazia si proclamarono indipendenti con la copertura della Germania (a cui gli USA offrivano, in cambio della futura estensione della NATO, una rinata centralità che sarebbe maturata fino al primato europeo), del Vaticano (focalizzato sulla demolizione di ogni residuo socialista in Est Europa) e della CIA (che sostenne attivamente i nazionalisti); arrivò poi la volta della Bosnia-Erzegovina e nel 1998 del bombardamento della Serbia (isolata e umiliata dagli anni precedenti) per il Kosovo (a sua volta armato dalla NATO, via Albania, oggi membro dell'Alleanza).
Nel 1992, scoppiava Tangentopoli, nello stesso anno il Britannia portava i rampolli della famiglia reale inglese in vacanza in Italia (i pettegoli dicono che sul panfilo UK -a cui nel dopoguerra eravamo affidati come feudo dagli USA-, si decise di attivare lo shock neoliberista al nostro paese), nel '92 la mafia dichiarò guerra allo Stato (Falcone e Borsellino), nel '92 la lira subiva uno dei più grandi attacchi speculativi di sempre, nel '92 (ma ebbe inizio sul finire del 1991) Cossiga (uomo degli inglesi?) svolse il suo teatrino su Gladio.

Anni densi: tanto la popolazione italiana, quanto quella jugoslava si trovarono in principio in sintonia con i leader che proponevano rotture, cambiamenti che fossero contro le prepotenze di Belgrado (o di Roma secondo la Lega, che esplose in quegli anni) o contro gli sprechi, la corruzione, l'intervento dello Stato nell'economia.
Il malcontento popolare fu montato ad arte e alla fine ci restituì una guerra, la desertificazione del panorama culturale e politico che i due paesi avevano gelosamente custodito, l'annichilimento della tradizione antifascista e la distruzione economico-produttiva di cui oggi raccogliamo i frutti.

Qui link al confronto di ieri https://m.facebook.com/story.php?story_fbid=1341735536399149&id=100064127499128
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