Mentre divampano le polemiche per Albatross, l’innocua biografia del giornalista missino Almerigo Grilz diretta da Giulio Base, colgo l'occasione per fornire qualche suggerimento al “cinema di destra”. Volete realizzare un film genuinamente dirompente?
Prendete spunto da Underground (1995) di Emir Kusturica, non proprio un camerata.
Salvatores o Renzo Martinelli, Barbareschi o Tornatore, da noi nessuno ha mai girato qualcosa di lontanamente paragonabile al capolavoro del regista bosniaco, che tra le altre cose viene gabellato in maniera poco onesta per una sorta di elegia funebre della Jugoslavia, la cronaca della morte annunciata di un Paese che non esiste più. Kusturica ci mostra gli abitanti di Zagabria e Maribor accogliere festosamente l'invasore tedesco, sulle note di Lili Marleen.
Gli ufficiali della Wehrmacht lasciano la sala torture alla manovalanza locale e, da autentici cascamorti, più viennesi che prussiani, riempiono di doni le ragazze locali e fanno il baciamano alle primedonne del teatro.
I partigiani rossi? Vagabondi e masnadieri, in poche parole BANDITI dal grilletto facile e dalla mano pesante. La Jugoslavia di Tito? Una tragica barzelletta che poggiava sulla menzogna, la disinformazione, l'impostura e la distorsione dei fatti storici. Il nocciolo della trama è eloquente: un dirigente della Lega Comunista Iugoslava conduce una doppia vita.
Prendete spunto da Underground (1995) di Emir Kusturica, non proprio un camerata.
Salvatores o Renzo Martinelli, Barbareschi o Tornatore, da noi nessuno ha mai girato qualcosa di lontanamente paragonabile al capolavoro del regista bosniaco, che tra le altre cose viene gabellato in maniera poco onesta per una sorta di elegia funebre della Jugoslavia, la cronaca della morte annunciata di un Paese che non esiste più. Kusturica ci mostra gli abitanti di Zagabria e Maribor accogliere festosamente l'invasore tedesco, sulle note di Lili Marleen.
Gli ufficiali della Wehrmacht lasciano la sala torture alla manovalanza locale e, da autentici cascamorti, più viennesi che prussiani, riempiono di doni le ragazze locali e fanno il baciamano alle primedonne del teatro.
I partigiani rossi? Vagabondi e masnadieri, in poche parole BANDITI dal grilletto facile e dalla mano pesante. La Jugoslavia di Tito? Una tragica barzelletta che poggiava sulla menzogna, la disinformazione, l'impostura e la distorsione dei fatti storici. Il nocciolo della trama è eloquente: un dirigente della Lega Comunista Iugoslava conduce una doppia vita.
Tiene segregati in un sotterraneo i suoi compagni di lotta, tra cui l'amico di gioventù e rivale in amore, facendogli credere che i tedeschi abbiano vinto la guerra. Intanto lui e la sua complice, riveriti intellettuali di regime, sceneggiano polpettoni celebrativi sulla resistenza titina, pieni di crucchi cattivissimi e feroci. Kusturica, servendosi del grottesco e del paradosso, dice la verità mentendo, se mi passate l'antitesi, ribaltando gli stereotipi del genere bellico occidentale.
Underground parla anche all'Italia, che rischia di replicare la parabola jugoslava, esemplificata dal finale del film, quando l'isolotto che ospita il fantasmatico pranzo nuziale si stacca dalla terraferma e viene portato via dalla corrente del fiume del tempo. Riusciremo a vedere sugli schermi la nostra summa nazionale? Forse sì, quando scomparirà quella brillante invenzione britannica che è stata l'Italia unita.