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Quello dei finanziamenti pubblici facili e dell'assistenzialismo delle arti è un fenomeno annoso, un film già visto troppe volte, senza che nessuno riesca a cambiare canale. Già qualche tempo fa Pasquale Squitieri denunciò l’amichettismo imperante che consentiva a ministri e boiardi di Stato di piazzare dietro la macchina da presa pompadour annoiate, figli di papà, cantautori in pieno delirio mistico-narcisista-qualunquista, illustri sconosciuti e miracolati che ci hanno regalato fior di ciofeche di dubbio impegno sociale, bollate dal ministero come 'di interesse culturale nazionale', magari perché denunciavano in maniera becera e opportunistica quei vizi ritenuti appannaggio esclusivo dei partiti e degli elettori di destra, come criminalità e malaffare. Non faccio nomi, per carità di patria. Dozzine di soggetti rimasti nei cassetti; operine prime e uniche mai distribuite, dalle trame astruse o politicizzate come i famigerati e disastrosi articolo 28, visionati da poche anime pie e usciti malamente in poche sale e sfuggiti persino agli onniveggenti critici del Centro Cattolico Cinematografico. Da questo dirigismo ottuso e scialacquatore non è emerso nulla di significativo. Lo Stato, che vietava di girare in lingua inglese per aggirare i divieti del mercato anglofono, ha assistito impotente alla progressiva invasione di pellicole statunitensi: in Italia, per un tacito patto coloniale sottoscritto con l'occupante, si doppia ogni tipo di aborto in celluloide, pure pellicole di fattura amatoriale girate da cinefili incapaci e goliardi yankee, che sovente riemergono su YouTube. Ciò ha gradualmente minato la competitività del cinema italiano.
Per conoscere la situazione reale bisogna ascoltare gli addetti ai lavori di ieri e di oggi, non i soliti sobillatori che strumentalizzano un fattaccio di cronaca dai contorni oscuri come il duplice omicidio di Villa Pamphili per innescare la consueta rissa di maschere della commedia dell'arte che incrociano il batocio.
La sinistra, che si picca di arte e si ritiene un baluardo di erudizione contro l'Italietta alle vongole, mentre nella realtà riesce a concepire perlopiù robaccia imbevuta di ideologia e cattiva coscienza, ha delle colpe enormi. Ma non mi fido neppure del suo gemello conservatore. Sangiuliano e il fine dicitore Giuli, che oggi fanno fuoco e fiamme e rivendicano di aver scoperto il segreto di Pulcinella, sono stati svezzati da due gazzette ipersussidiate che rispondono al nome di Libero e Il Foglio.
E non dimentichiamo gli svarioni commessi dai precedenti governi di centrodestra, come il
Barbarossa di Renzo Martinelli, l’indecoroso kolossal coprodotto dalla Rai che traccia un'analogia storica discutibile tra il Carroccio dell'età dei comuni e l’epica della Lega Nord.

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