Accadeva cinquantatré anni fa.
13 novembre 1970. In Siria sale al potere il generale dell'aviazione Hafiz al-Assad: il baricentro del potere si sposta progressivamente nelle mani dei militari Fu l'approdo finale della rivoluzione (8 marzo 1963) del partito socialista Ba‘th, resa possibile dalla sinergia tra esercito e forze rurali. La guerra dei sei giorni (1967) e la crisi giordano-palestinese avevano acuito i dissidi interni. Si assistette all'estromissione degli elementi bathisti moderati, accusati di essere “agenti dell’imperialismo”; i due fondatori del partito, al-Bītār e ‘Aflaq, furono condannati a morte. Il pallino passò a Salāh Jadīd e Nūr al-Dīn al-Atāsī, esponenti dell'ala più socialisteggiante e filosovietica intenzionata a rompere con i paesi arabi conservatori e con l’Occidente, e ad Hāfiz al-Assad, attestato su posizioni più pragmatiche, timoroso dell'isolamento internazionale e riluttante a concedere l’appoggio aereo ai palestinese e intenzionato a ritirare le unità corazzate che in Giordania avevano subito gravi perdite. La spuntò Assad, sostenuto da ufficiali in gran parte alawiti di Latakia come lui, e i drusi di Gebel al-Arab, costituiti dai contadini più poveri, mentre i sunniti dell’Hauran e il distretto di Dayr al-Zor erano piccoli proprietari terrieri. La rivoluzione bathista consegnò al governo e alla burocrazia le chiavi per il mutamento sociale e la distribuzione del reddito nazionale, con il controllo di banche, grandi industrie, cooperative agricole, sanità, sicurezza sociale, edilizia, istruzione. I dipendenti statali decuplicarono, da 34.000 nel 1960 salirono a 331.000 nel 1979. Un quarto degli abitanti dipendeva direttamente dal governo per il sostentamento e lo stile di vita; ciò rafforzò il consenso, ma intensificò il parassitismo e le storture. Gli abitanti di Damasco, dal 1960 al 1983, raddoppiarono, così come raddoppiò la classe media urbana. Aumentò altresì la piccola borghesia urbana formata da artigiani e negozianti. In un ventennio, dal 1960 al 1979, gli addetti al settore industriale triplicarono. Negli anni settanta la politica agricola ottenne un successo relativo grazie all’aumento delle terre irrigate, con la diga di Tabqa sull’Eufrate. Dal 1963 furono intraprese misure più incisive di nazionalizzazione con la formazione di cooperative, ma i contadini erano molto riluttanti ad aderirvi. Assad smantellò le inefficienti fattorie agricole statali e diede impulso alle cooperative che, nel 1982, coprivano un terzo della terra coltivata, e due terzi erano in mano ai piccoli proprietari. La diga sull’Eufrate fu realizzata (1968-1978) con l’assistenza dell’URSS, con annessa una centrale idroelettrica e un progetto di irrigazione. I problemi sorsero nel 1986, quando solo un decimo degli ettari previsti nel progetto erano stati irrigati. La centrale idroelettrica lavorava al 40% delle capacità. All’istruzione fu assegnata la priorità: la scuola elementare fu resa obbligatoria, prevedendo addirittura il carcere per i genitori che non adempissero all’obbligo scolastico. La lingua araba prese il sopravvento sull'inglese anche nelle facoltà scientifiche: nel mondo arabo coltivare la lingua classica è segno di vero nazionalismo. Il sistema bathista si presentava robusto, ma doveva costantemente correggere le deviazioni e gli eccessi della classe politica e dell’apparato statale. Chi era Assad? Nato nel 1930, dal 1946 membro del Ba‘th e dal 1951 presidente del congresso degli studenti. Effettuò numerosi stages all’estero, trascorrendo undici mesi in Unione Sovietica. Rientrato nel 1961, partecipò a un complotto contro il presidente al-Qudsī che gli valse il carcere. La “rivoluzione” del 1963 lo catapultò tra i bathisti di primo rango. Fu promosso generale d’aviazione nel 1964, e in seguito al colpo di stato del 23 febbraio 1966 fu nominato ministro della difesa. Una volta al vertice, inserì persone fidate in seno all’esercito e al partito Ba‘th, che divenne la punta di diamante di un Fronte composto dall’Unione socialista araba e altri soggetti di ispirazione nasseriana. L’unica vera opposizione erano i Fratelli musulmani, movimento fondato in Egitto nel 1928, che fa derivare derivare ogni criticità dalla deviazione dagli ideali dell’Islam originario. Nel 1973 fu promulgata una nuova costituzione ritagliata su misura per assicurare il potere al rais, che ricopriva anche le cariche di comandante supremo delle forze armate e segretario generale del Ba‘th. A causa delle pressioni della maggioranza sunnita, Assad riuscì a togliere l'obbligo, per il capo dello Stato, di praticare la fede musulmana. Fu però mantenuto l’articolo secondo il quale la
sharī‘a era una delle fonti del diritto, non l'unica. Assad partecipò alle preghiere pubbliche e si recò in pellegrinaggio alla Mecca. Ciò gli valse le pubbliche degli ulema. Il rais si fece scudo anche dell’Islam (e si riservava di intervenire nell’ordinazione dei vescovi), proclamando che i Fratelli musulmani: “Sono apostati. Noi invece difendiamo l’Islam, la religione e la patria”. In materia di libertà di fedeLo stato rispetta tutte le religioni, garantisce la celebrazione di tutti i culti a meno che questo non rechi problemi di ordine pubblico”. Studenti cristiani e musulmani erano obbligati a seguire l’insegnamento religioso fino al diploma di scuola media superiore. Il manuale di religione adottato durante le lezioni fu elaborato da una commissione mista intercristiana. Assad ruppe l'arbitrio dei predecessori bathisti: ogni misura doveva essere spiegata, razionalizzata e discussa con un team di consiglieri e collaboratori fidati. Le decisioni più importanti, soprattutto in materia di politica estera e sicurezza, venivano prese personalmente dal presidente. Il segreto della longevità politica di Assad risiede nella coalizione delle minoranze religiose siriane che riuscì a controbilanciare la maggioranza sunnita. Assad adottò alcune misure di liberalizzazione economica e gradualmente abbandonò gli orientamenti socialisti dei primi regimi bathisti, pur mantenendoli nella retorica ufficiale. Lo stato controllava lo sviluppo economico e si sforzava di dare spazio al settore privato, puntando a una rapida crescita economica, specie nel settore militare (20-25% del bilancio) e nel relativo indotto, piuttosto che alle riforme sociali. In politica estera l’obiettivo primario era la solidarietà araba in funzione antisionista. Nel settembre 1971 Siria, Egitto e Libia diedero vita alla velleitaria Unione delle repubbliche arabe (URA), proclamata ufficialmente il 1° gennaio 1972. Nell’ottobre 1973, Egitto e Siria sferrarono un attacco militare coordinato contro Israele per la liberazione dei territori occupati nel 1967. Il conflitto, denominato dello Yom Kippur, fu considerato una vittoria politica che riscattò le doti belliche dei paesi arabi e la loro capacità di esercitare pressioni economiche tramite l’imposizione dell’embargo petrolifero. Nel 1974 la Siria riottenne Quneitra e parte dei territori occupati nelle alture del Golan. Ancora oggi i profughi del Golan a Damasco non hanno ricevuto una sistemazione definitiva. Il messaggio è chiaro: un giorno torneranno nelle terre di origine. La guerra causò alla Siria danni valutati a 1800 milioni di dollari, ma il governo agì celermente introducendo misure di liberalizzazione per incoraggiare gli investimenti. Il terzo piano di sviluppo (1971-1975) portò una crescita inaspettata, non altrettanto l'ambizioso quarto piano di sviluppo (1976-1980). Nella seconda metà degli anni settanta lo stato siriano fu coinvolto nella guerra civile libanese. Ciò accelerò lo sviluppo di forze speciali per azioni su vasta scala. Per combattere l'infezione dei Fratelli musulmani, la società siriana subì una sostanziale militarizzazione. Il pugno di ferro disposto da Rif‘at (fratello godereccio di Assad) salvò il sistema bathista, ma ne radicalizzò il carattere. Nel marzo 1980, ad Aleppo, avvocati, accademici e altri professionisti chiesero più democrazia e il rilascio dei prigionieri politici. La repressione che seguì le proteste fu alquanto drastica. In luglio fu ucciso a Parigi Salāh al-Dīn al-Bītār; si sospettò che il mandante fosse Assad. Il 26 giugno 1980 ci fu un tentativo di assassinare Assad con il lancio di una granata. La risposta immediata fu l’esecuzione a sangue freddo di circa 550 Fratelli musulmani rinchiusi nel carcere di Palmira, oltre a una mini-purga in seno al partito. Il governo siriano accusò agenti di Iraq, Israele e USA per la crescente instabilità. Aveva preso corpo il risentimento, soprattutto nei sunniti, e circolavano cassette con sermoni sovversivi; lievitò il numero delle donne con il velo. Quando l’Iraq e la repubblica islamica iraniana si scontrarono, Assad appoggiò l'antisionista Teheran. Nello stesso tempo, però, temeva che i Fratelli musulmani potessero avere collegamenti con l'Iran, Iraq e Giordania. Si profilò così la rottura completa con l’Iraq. La “bonifica” della città di Hama fu cruenta. Costruita lungo le rive del fiume Oronte, popolata da oltre 200.000 abitanti, rappresentava un variegato centro dell’opposizione, dove si erano coagulati islamici, proprietari terrieri, negozianti, lavoratori e contadini, conservatori e rivoluzionari, siriani e palestinesi. Le Forze speciali, rodate dall’esperienza libanese, entrarono nella città il 2 febbraio 1982. L'operazione di controinsurrezione sedò la rivolta, che non dilagò in altre città. L’operato fu sostanzialmente condiviso dai cittadini, anche da molti sunniti, che sentenziarono: “Meglio un mese di Hama che quattordici anni di guerra civile come in Libano”. Nell’estate del 1982 l’esercito e l’aviazione siriana subirono pesanti perdite a causa dell’intervento israeliano in Libano e non furono in grado di difendere Beirut. Nel 1983, i malanni cardiaci di Assad fecero emergere gelosie e conflittualità striscianti. Rif‘at, contestato per aver favorito gli USA quando inviò i figli a studiare nelle università americane, chiese mutamenti nel comando dell’esercito che gli vennero rifiutati. Nel maggio 1984 Rif‘at fu inviato a Mosca con una delegazione e non poté rientrare in Siria, essendo dichiarato persona non grata. Il suo sottopotere militare venne smantellato. Il trattato di amicizia con l’Urss (1980) e gli ambigui legami con il terrorismo internazionale privarono la Siria degli aiuti economici occidentali. Per uscire dall’isolamento, Assad si riavvicinò a re Husayn di Giordania quando quest'ultimo ammise che i Fratelli musulmani giordani avevano svolto attività antigovernative in Siria. Nel contesto arabo, la Siria aveva rotto con l’Egitto dopo la pace separata di questo con Israele. Al vertice di Casablanca (maggio 1989), la Siria non pose il veto alla reintegrazione dell’Egitto in seno alla Lega Araba e, poco dopo, ristabilì le relazioni diplomatiche con Il Cairo. Il presidente Assad fece così una visita ufficiale in Egitto (1990), la prima dopo quattordici anni. Nel frattempo una difficile congiuntura economica e la scarsità di valuta straniera avevano fatto vacillare il sistema bathista. La corruzione e la pessima gestione dei settori dell’industria pubblica e dell’agricoltura fecero languire la produzione. Per ovviare ai problemi fu avviato un graduale processo di liberalizzazione e snellimento del settore statale. La situazione è migliorata nella seconda metà degli anni novanta, anche grazie all'exploit del greggio; ma andavano forte anche il cotone e i fosfati, mentre rimase al palo il terziario. L’esercito di 400.000 uomini, di cui 35.000 in Libano, era costantemente sul piede di guerra e ciò costituiva un gravoso fardello per l'erario. Negli anni novanta l’esercito assorbiva oltre il 40% del bilancio dello stato e il 5,6% del Prodotto nazionale lordo, anche se dava da mangiare, direttamente o indirettamente, a circa il 20% della popolazione. Con la dissoluzione dell’Urss la Siria perse il suo arsenale e il suo maggiore mercato di sbocco, ragion per cui dovette riconvertire vasti settori che esportavano oltrecortina. Per sopravvivere, Assad fu indotto a rivedere le relazioni con l'Occidente, partecipando sia alla coalizione guidata da Washington nel conflitto contro l’Iraq (1991), di cui la Siria fu il maggior beneficiario regionale. L’egemonia siriana in Libano fu tacitamente accettata, riconoscendo a Damasco un ruolo chiave per una soluzione pacifica del contrasto arabo-israeliano. La riforma elettorale del 1990 portò all’ampliamento del pluralismo politico. Pur conducendo una vita privata semplice e discreta, Assad lasciò campo libero al culto della personalità: il ritratto e le statue del rais occupavano spazi reali e virtuali. Durante il suo trentennio, la Siria si è trasformata da uno stato debole compresso tra le pressioni interne e internazionali, a uno dei maggiori attori regionali, tenendo testa a Israele e agli Stati Uniti. La riorganizzazione – l’apparato si avviava ormai a un’età media di settant’anni – del governo fu finalmente annunciata il 7 marzo 2000. Il congresso generale del Ba‘th, il primo dal 1985, doveva ratificare la successione con la nomina del figlio Bashār. Quando sopraggiunse la notizia del decesso (10 giugno 2000) do Assad per un attacco di cuore, a Damasco si ebbero scene di cordoglio popolare. Un’epoca veniva archiviata. I funerali che si svolsero il 13 giugno mostrarono che il successore Bashār aveva il controllo del paese. Il successore designato, il figlio maggiore Bāsil, ufficiale del corpo dei paracadutisti, era deceduto il 21 gennaio 1994 in un incidente automobilistico. Così il secondogenito Bashār al-Assad subentrò al fratello. Ma questa, come si suol dire, è un'altra storia.

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