Gli Einstein di tutti giorni del giornalismo italiano cominciano a fare luce sui misteri di Matteo Messina Denaro. Lo spettatore avvezzo all'interminabile Beautiful che è la narrativa inerente Cosa Nostra immagina i nomi dei mandanti delle stragi, il rinvenimento dell'agenda rossa di Borsellino e chissà quanti altri arcana imperii. Macché! Il poveretto si ritrova davanti la monografia di un comune dongiovanni di provincia che prende il caffè al bar, usa il Viagra, si fa i selfie con il personale sanitario dell'ospedale, si circonda di amanti. Ci sarà da qualche parte una donna Elvira? La figlia mai conosciuta vorrà incontrarlo? Conosce la verità sulla scomparsa di Denise Pipitone? C'è molto materiale per i segugi dei salotti televisivi. Attendiamo trepidanti. Don Matteo me lo immagino mentre conciona perbenisticamente in mezzo agli altri avventori del bar: andrà tutto bene; i populisti (Riina se la prendeva con i "comunishta") stiano al loro posto; slava Ucraina e morte a quei cornutazzi russi. E poi di corsa a scrivere post che condensano il titanismo dei bimbiminkia, stile "io non sarò nessuno, ma nessuno sarà mai come me." La banalità del Male relativo che sguazza nel Miele Assoluto fabiofazista. Più i segugi fiutano e scavano, più scoprono scannatoi, gioielli, profumi, foto francesi e tutto il corredo da zio scapolone e gaudente che ti presta i pornazzi e i profilattici. Un Padrino pecoreccio sceneggiato dai Vanzina Bros: vossia non si deve preoccupare, le porto Messalina travestita da Cicciolina.

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Caligorante
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