Una delle ragioni per cui raramente vale la pena parlare dei fattarelli delle guerre locali è che questi sono, non di rado, insignificanti. La guerra in Ucraina sarebbe un fattarello insignificante, se non fosse in realtà lo specchio di qualcosa di molto più grande, di una resa dei conti tra due mondi totalmente incompatibili, fatti per sopprimersi vicendevolmente.
Gli Stati Uniti, questo lo abbiamo scritto più volte, vivono una fase del tutto analoga a quella dell'URSS prima del crollo ma il mondo non è davvero preparato a fare a meno di loro come non lo era - e si è visto - a fare a meno del crollo dell'URSS. Ma devono cercare di farlo sapere il meno possibile. Chi crede che l'intervento in Ucraina denoti la forza degli americani, forse dimentica che nei momenti migliori della loro storia, gli americani non si facevano alcuno scrupolo di mandare aerei e marines, cercando lo scontro frontale. Ma chi osserva le cose di geopolitica guardando i rapporti di forza e confrontando la situazione col passato, ben presto capisce che, proprio il modo blando con cui gli USA stanno sostenendo gli ucraini, implica che gli americani non possono fare di più senza che questo implichi conseguenze molto pericolose. E soprattutto, stabilisce un cambiamento di direzione della storia. Con quali esiti?

Li stiamo vedendo in Israele. Non stiamo parlando - e qui forse ammetto che, in principio, avevo un po' sottovalutato la cosa - della classica fiammata che ad intervalli regolari scoppia tra israeliani e palestinesi, ma di un evento che Israele associa all'11 Settembre, anche nelle strane modalità con cui si è verificato. Che hanno lasciato perplessi anche molti israeliani del posto come del resto anche l'11 Settembre lasciò perplessi molti analisti, favorendo la fioritura di tesi frettolosamente e superficialmente etichettate come "teorie del complotto". Infatti, un mio collaboratore israeliano di vecchia data - era (ogni tanto è ancora, nei ritagli di tempo) un mio programmatore - è un aluf (un generale) dell'esercito israeliano, ed è sicurissimo che il Mossad ed i vertici politici sapessero tutto. "E' del tutto impensabile" sostiene "che servizi segreti che si vantano di essere potentissimi non sapessero che si stava per verificare un attacco di così larga scala e non siano intervenuti. Secondo me, li hanno lasciati fare". Tradotto, la cosa puzza anche agli israeliani, che certamente non hanno la propensione al complottismo. Non ho l'autorevolezza per smentirlo né naturalmente prendo necessariamente per buono tutto ciò che mi si dice. Ma il risultato, guarda caso, quale è stato? Che Netanyahu si è attribuito i poteri di guerra e potrebbe approfittarne per regolare i conti con lo stato palestinese, circostanza per la quale le classi politiche israeliane hanno sempre incontrato le forti resistenze di un Occidente che, sulla questione mediorientale, ha sempre fatto il doppiogioco - come dimenticare, per esempio, i pessimi rapporti tra Netanyahu e Obama, come anche con Biden, culminate queste ultime con l'accusa del vecchio Bibi di interferenze americane in merito alla sua riforma della giustizia? Come non tener conto del sostegno alla causa palestinese delle sinistre europee? - ma che oggi appare sempre meno in grado di inserirsi in questa diatriba, col risultato che se Israele stavolta avrà mano libera nell'agire, non solo non avrà più il freno dei paesi occidentali, ma potrà contare anche sull'indifferenza di alcuni paesi arabi, ai quali dei palestinesi, a parte le chiacchiere, importa poco o nulla.

Giudicare la vicenda israelopalestinese concentrandoci sul fattarello in sé - fattarello per modo di dire, è una cosa molto pesante quella che è accaduta - significa ignorare che il ritiro dall'Afghanistan del 2021 ha soltanto ufficializzato l'inizio di un progressivo isolazionismo che può tanto subire un'accelerazione se vincesse Trump nel 2024, tanto rallentare se venisse confermato Biden o vincesse la Harris, ma che comunque ormai è nei fatti. La cosiddetta "globalizzazione", che poi non è altro che l'imperialismo americano, è ormai finita nel 2008 quando, con una tempesta perfetta, gli americani hanno iniziato il loro processo di disinvestimento finanziario e disimpegno militare dal mondo intero. Lo stanno chiaramente facendo con tutta la lentezza del caso, per evitare che il mondo se ne accorga in maniera chiara, reagendo a colpi di protezionismo sui prodotti americani, attraverso la tecnica dei due passi in avanti e uno indietro e nel frattempo cercando di arraffare tutto quel che possono, usando l'Europa come bancomat. Ma lo stanno facendo e lo faranno sempre più. Gli Stati Uniti sono come quell'anziano cantautore che si è ufficialmente ritirato dalla musica e che ogni tanto ritornerà sul palco per qualche esibizione, ma solo se lautamente pagato.
Tutto questo, inevitabilmente, cambierà molti scenari nel mondo, Europa e Italia compresa. Chi credeva che il Donbass fosse l'unico focolaio di tensioni, è stato servito. Israele avrà sempre meno la disponibilità di un grande alleato che tuttavia al tempo stesso era anche un grande freno. E da come reagirà, sia militarmente che diplomaticamente, a questo stato dei fatti, si vedrà quale sarà il suo futuro.
E, con esso, quello di tutte quelle realtà che si illudevano di poter contare per sempre sull'aiuto - mai disinteressato ovviamente - degli Stati Uniti.

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Franco Marino
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