Il sovranisti sono un’erba infestante, l’ho detto e lo ripeto senza alcuna rettifica eufemistica.
E non vi è timore da benpensante atterrito dal cambiamento nelle mie parole.
Perché il sovranismo non rappresenta il cambiamento bensì la stagnazione e l’estrema dissoluzione del sistema. In primo luogo, questi signori non aspirano a riconquistare la sovranità, ma a subordinare ulteriormente il loro paese, come dimostra il caso italiano. Una nazione in mano ai sovranisti, che costituiscono una versione ruspante e scapigliata del più ingessato ma altrettanto obbediente fronte progressista, si trasforma in un botolo ringhiante da scaraventare contro i nemici del sistema mafioso giudeoamericano: Cina, Iran e in alcuni casi perfino Russia. Ciò comporta, in un mondo profondamente diverso da quello del 1985, marginalità diplomatica, deficit di credibilità, danni economici e quasi nessun vantaggio pratico, se si esclude la fuffa della difesa dei valori occidentali e la battaglia fuori tempo massimo contro la dittatura sanitaria. Prendiamo il
Sanseito, il partito giapponese di ispirazione trumpiana che ha registrato un vero boom elettorale alle elezioni di ieri. Come tutti i movimenti populisti latori di istanze confusionarie, contraddittorie ed estreme, Sanseito è figlio della disfatta, della disillusione e del risentimento: è nato nel 2020, nel clima della pandemia e delle difficoltà economiche e d’immagine legate alle Olimpiadi. Analogamente al M5S, ha avuto la sua culla nel web (è stato fondato su YouTube); come la Lega, ha una forte impronta sionista, anticinese e persino anticoreana (Corea del Sud). Tralasciando la censura dei manga e dei videogiochi, e i rutti xenofobi all’indirizzo di una percentuale risibile di stranieri, il vero obiettivo di Sanseito è far saltare la precaria coesione in Estremo Oriente, ove si sta stabilendo una certa armonia tra Tokyo, Seoul e Pechino, e ricadere sotto l’influenza dei bombardatori di Hiroshima e Nagasaki, influenza che si sostanzia di inquietudini, di paure e odi irrazionali che alimentano il complesso militare-industriale, e crea quel clima militarizzato e sanzionatorio che è l’anticamera dei conflitti. Il sovranismo denuncia gli effetti dei mali, ma finisce col corroborare le cause da cui discendono gli effetti. Inoltre esso accentua la discordia internazionale, asseconda l’aggressività di un’America resa fanatica dalla sua fragilità, lancia sul palcoscenico leader ammalianti ma inesperti, ambigui e ambiziosi, che si rivelano marionette ideali nelle mani dei pupari.

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