Sono dell'idea che la liberaldemocrazia integrale sia incompatibile con la piena sovranità. Tanto l'affermazione totale quanto la negazione totale dei principi liberaldemocratici infiacchisce le nazioni e la loro indipendenza.
Nessuno stato sovrano è pienamente liberaldemocratico; nessuna superpotenza è mai stata compiutamente liberaldemocratica: gli USA sono una satrapia plutocratica ove prevalgono i valori e i costumi dei plutocrati e dei loro accoliti.
I liberaldemocratici non mi ispirano fiducia per il semplice motivo che esigono la botte piena e la moglie ubriaca, ossia la piena autonomia nazionale e al contempo comfort e libera circolazione di merci, individui e capitali (variante conservatrice) oppure spesa pubblica allegra, edonismo dei diritti civili e sociali (variante progressista). Nella realtà, purtroppo, solo il sacrificio e la rinuncia garantiscono la libertà, figlia irriconoscente della sovranità. La sovranità implica l'evenienza di agganciarsi a catene di approvvigionamento sicure e convenienti gestite da regimi spesso sgradevoli e poco conformi al nostro senso comune; regimi che pertanto non vanno indisposti dando spago all'uzzolo egualitario del primo direttore di giornale fri fri o della femminista-femminessa di turno. La sovranità si regge sulle ciminiere delle centrali nucleari e cammina sui cingoli di un'industria pesante costosa e sovente assistita, bisognosa di mercati di sbocco, non sulle gambe di CiccioGamer, del titolare boccalone di Crazy Pizza e delle ragazzotte che su OnlyFans mettono in vetrina un paio di piedini o una fessa mal rasata. Tutta roba lecita che macina utili, per carità, ma che in definitiva non produce beni reali e non crea ricchezza, semmai la sposta da una tasca all'altra. Ma chi vuol essere sovrano, oltre al superfluo deve imparare a fabbricare il necessario, soprattutto sistemi d'arma complessi.
La sovranità è una pecunia preziosa, una merce di lusso per tutti, per gli americani che in maggioranza menano un'esistenza errabonda tra abitazioni di compensato e cibi surgelati, come per le pazienti formichine asiatiche e i poveri Ivan della steppa.
La sovranità causa stress, ma in definitiva logora solo chi non ce l’ha.
Sovranità significa minimo 12-18 mesi di naia per imparare a sparare e ad applicare la sordina al narcisismo individualista che conduce al disfattismo e all'insubordinazione; significa patire traumi, fame e solitudine, spiare il nemico in modo da anticiparne le mosse, rifiutare di prostituirsi al primo forestiero che distribuisce dolciumi e dispensa sorrisi accattivanti, mettere in conto di dover sacrificare consistenti quote della propria popolazione per raggiungere determinati obiettivi. La sovranità o è integrale, e non solo monetaria, o non è.
La sovranità è un sentiero irto di ostacoli, ma va percorso perché Navigare necesse est, vivere non est necesse. Non si diventa sovrani se non si apprende l'arte del ragionare in maniera sottile, dell'agire al di là del bene e del male come i vietcong di Apocalypse now che mozzano il braccio ai piccoli sudvietnamiti vaccinati dall'occupante. Chi ambisce ad essere sovrano deve abituarsi a presidiare i confini e il suolo patrio con la paura come unico compagno, a piangere i propri figli caduti sul campo di battaglia e non sul posto di lavoro o al volante di un'utilitaria nelle ricorrenti mattanze del sabato sera. Chi non può o non vuole affrontare questi compiti ingrati, è pregato di starsene nella capanna di Walden, a sperimentare le gioie bucoliche e apolitiche della vita nei boschi. Sovranità significa ridimensionare o rigettare le due grandi cagate partorite dal secolo dei lumi e da quello successivo, l'Ottocento “sciocco e superbo”: il liberalismo e il socialismo.
Per essere veramente liberi in un mondo di lupi e avvoltoi.

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