di Giuseppe Prezzolini

Lo Stato non può esser cristiano perché è fondato sul principio dell'utile e della nazione, e il cristianesimo sul sentimento dell'amore e dell'universalità. Sarebbe come sostenere che l'igiene e la morale siano la stessa cosa; possono coincidere in qualche punto, ma non sono la stessa cosa; fare il bagno è una nozione d'igiene che può esser anche una raccomandazione morale, ma per sé non è né morale né immorale. Ci vuole una grande semplicità di pensiero per confondere l'igiene con la morale, e lo Stato con il cristianesimo. Il contrasto fra lo Stato e il cristianesimo fu notato prima da un grande santo, ch'era un grande filosofo, e si chiamava Agostino, e poi da un grande filosofo, che era il contrario di un santo, e si chiamava Machiavelli. Durante la sua vita nessuno pensò che il Machiavelli fosse uno scrittore pericoloso per il cristianesimo. Non fu giudicato tale né dai suoi superiori, né dai suoi amici, né dai suoi lettori. Fu soltanto molti anni dopo che venne accusato di essere un nemico della Chiesa ed il più velenoso scrittore del mondo, un diavolo addirittura. A un certo punto tutta l'opera sua fu posta all'Indice e proibita più severamente delle altre. I protestanti che, invece dell'Indice, usano il boicottaggio, adoprarono questo sistema più ipocrita. Ma un secolo e mezzo circa dopo l'apparizione delle sue opere incominciò un processo di revisione. Si trovò che Machiavelli, invece di essere un innovatore, ripeteva cose già dette dai classici che si trovavano in tutte le scuole.

Il primo ad accorgersene fu un erudito olandese, un tale Fabricius, il quale notò che alcune proposizioni del Machiavelli si trovavano tali e quali nei libri di Polibio, lo storico greco di Roma repubblicana.
Ma fu con gioia che Pierre Bayle, il fornitore di materiale anticristiano agli enciclopedisti, riscontrò che molte sentenze di Machiavelli si potevano ritrovare nientedimeno che in san Tommaso. Bayle era un grande erudito ma non abbastanza per accorgersi che san Tommaso le aveva prese in prestito, come Machiavelli, dalla stessa opera di Aristotele. Finalmente, nel secolo XIX, la critica si allargò a tutto il mondo classico. Ci passò anche Platone, e oramai non è impossibile che qualcuno sostenga che Machiavelli non ha detto nulla di suo, e nulla di nuovo. Però fra queste scoperte la più sorprendente e la più recente fu quella di sant'Agostino. Come mai le parole di un santo uomo cristiano posson accordarsi con le parole d'un irriverente pagano? Un passaggio significativo è quello in cui sant'Agostino ricorda che il fondatore della prima civitas, ossia del primo Stato, fu Caino, che era un fratricida: «Scriptum est enim de Cain quod condiderit civitatem; Abel autem tamquam peregrinus non condidit»
[Si legge nella Scrittura che Caino per primo edificò una città mentre Abele, in quanto esule, non la edificò]. E altrove: «Primus itaque fuit civitatis conditor fratricida» (pertanto il primo fondatore dello Stato fu un fratricida). Così Machiavelli mostrò che un benemerito fratricida era il fondatore di Roma, Romolo. In ambedue i pensatori è un parlare simbolico per dimostrare che la fondazione di ogni Stato è battezzata col sangue di fratelli o con la minaccia di spargerlo. Infatti, se guardate al sorgere degli Stati ci trovate sempre la violenza o la minaccia di violenze. L'origine degli Stati Uniti è in una rivoluzione e in una guerra. La Russia nasce dalla guerra civile e straniera. Anche l'Italia nacque dalle guerre del Risorgimento. Stati minuscoli o maiuscoli hanno le stesse origini in atti di forza. Persino l'India di Gandhi battezzò col sangue di sette o ottocentomila persone la creazione del nuovo Stato, che gl'Inglesi avevan pacificamente abbandonato. La politica non potrebbe esser stata condannata dalla religione con parole più chiare di quelle di Agostino: «Fecerunt itaque civitates suas amores duo, terrenam scilicet amor sui usque ad contemptum Dei, caelestem vero amor Dei usque ad contemptum sui»! [Due amori dunque diedero origine a due città, alla terrena l'amor di sé fino all'indifferenza per Iddio, alla celeste l'amore a Dio fino all'indifferenza per sé] Da queste frasi ci pare di sentir ancor oggi in quale categoria d'uomini sant'Agostino ponga ogni fondatore di città, ogni inventore di costituzioni, ogni animatore di lotte politiche: tra i fratricidi, d'intenzione e di possibilità, se non di fatto. Non meno importante è il passo della stessa opera dove sant'Agostino si domanda: «Quid sunt magna imperia, detracta justitia, nisi magna latrocinia?». In italiano: «Se togliete la giustizia, che cos'altro sono i grandi Stati, se non delle associazioni di ladri?». Questa non è un'osservazione accidentale, una boutade passeggera, poiché il santo continua: «E che cosa forman questi ladri, se non dei piccoli regni? Infatti si tratta di bande di uomini, che son rette dal comando di un capo, sono strette da una costituzione, e si dividono le prede secondo un accordo legale. Se una di queste bande funeste si accresce con altri briganti fin al punto di occupare tutta una regione, di stabilir delle sedi fisse, di dominare delle città, ecco che si arroga il nome di Stato, che le viene conferito non già dalla rinunzia alla cupidigia, ma dalla sicurezza della impunità». Sant'Agostino non potrebbe con maggior ironia né con maggior chiarezza indicare la sua opinione che lo Stato non riposa sopra un principio di amore e nemmeno di giustizia, almeno divina. In quella frase che ho citato, sant'Agostino mette sullo stesso piano i grandi imperi e le bande di ladri. La loro essenza è per lui la stessa; differiscon soltanto per la grandezza dei loro crimini. I delinquenti comuni uniti in gangs rubano un poco; e i grandi Stati rubano molto, ed in grande: un cristiano dovrebbe condannarli ugualmente.


Tratto da "
Cristo e/o Machiavelli" di Giuseppe Prezzolini

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