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Su Rishi Sunak non mi è chiaro l'uso del concetto di etnia dei media: perché un cittadino inglese nato a Southampton, da padre nato in Tanzania e madre in Kenya, viene indicato come indiano?
Certo, la comunità indiana è molto gelosa delle tradizioni, ma credo si perda qualcosa.
Simbolicamente l'ascesa di Sunak può essere indicativa dei rapporti di forza nel mondo (affermazione dei BRICS). Per giunta, questo accade nel Partito Conservatore, un tempo roccaforte della nobilità (ma già ai tempi della Thatcher aveva aperto alla classe media).
Il dato importante a me non sembra l'etnia, ma la ricchezza (pare sia più ricco del re).
Aggiungo:
1) Si vede come funziona l'economia-mondo. L'immigrazione è un ridislocamento della mandopera a favore del capitale (il desiderio di immigrare -come fenomeno sociale- è indotto dal mercato del lavoro). Le reazioni di xenofobia e rifiuto (diffuse nelle classi popolari) sono fenomeno storico: accade sempre quando due comunita convivono, specie in economie competitive. Le nazioni sono stratificate e più si sale e più le politiche migratorie vengono organizzate e non subite.
La Francia -attenta alla questione demografica- ha optato per arrivi massivi, il Regno Unito per arrivi di personale qualificato, la Germania di manodopera tecnica (ovviamente ci sono eccezioni).
L'Italia o la Spagna ricevono manodopera meno qualificata: sono la periferia del circuito europeo, si occupano di agricoltura e quindi cercano manodopera semi-schiavile (gli inglesi per i servizi, i tedeschi per l'industria e via dicendo).
Colpevolizzare solo i paesi con economia agricola è l'ennesimo meccanismo a favore dei più ricchi.
2) L'immigrazione pone il rischio di cancellare una parte della nostra tradizione di sinistra/sindacale. Come spiegare a un giovane pakistano a Dublino l'importanza dell'IRA? Il limite non è solo l'elemento nazionale della causa irlandese, ma anche lo sradicamento socio-politico di cui il fenomeno migratorio è parte.
La reazione di rabbia da parte delle comunità che accolgono è fisiologica per motivi antropologici e psicologici (l'uomo è animale conformista) ed è esacerbata dalla concorrenza nel mercato del lavoro (spinta dal capitale e non dagli immigrati).
La civiltà europea (qualsiasi cosa sia) dovrà rinnovarsi, accogliere nuove genti è un passaggio obbligato (lo abbiamo fatto e lo rifaremo: comunità pure non sono mai esistite). Romani e Longobardi si detestarono per circa cento anni, prima amalgamarsi.
L'integrazione non è un ricchissimo cittadino inglese di origini indiane a Downing Street.
"Integrazione" è un termine coloniale al servizio del capitale. Le popolazioni non si integrano, le popolazioni si fondono tra loro e creano qualcosa di nuovo.
Ps. Noto che gli inglesi hanno protestato (inconsapevolmente) contro l'ennesima svolta neoliberista (che hanno incosapevolmente votato) e che il ruolo di esecutori è stato affidato prima a una donna e ora al figlio di immigrati. Non vi sembra che dietro questo utilizzo della parità, si fomenti la rabbia del popolo (incosapevole) verso minoranze (capri espiatori) per distrarlo dalle politiche impopolari a favore dei "soliti ricchi"?
Perché nel nostro continente con la disparità in crescita da decenni, il precariato, l'inflazione e la crisi economica continuiamo a parlare di anti-politica, vaccini, immigrazione, diritti civili e non parliamo del convitato di pietra: il capitalismo?

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Gabriele Germani
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