Il momento più difficile di un blogger è quando, sostanzialmente, deve scrivere un pezzo su commissione. Se è un giornalista, ha normalmente un editore da servire, che a sua volta ha interessi da difendere. I giornalisti berlusconiani e debenedettiani hanno avuto di che scrivere in trent'anni che i loro editori hanno leticato tra di loro. Ma un blogger, un editore di se stesso, deve non soltanto avere l'istinto di parlare qualcosa di cui sente di parlare, ma anche intercettare il momento in cui questo argomento è di interesse, dunque non c'è post più difficile di quello che bisogna scrivere perché qualcuno gli ha chiesto di parlare di una singola cosa. Così, quando molti mi chiedono cosa io ne pensi della vicenda della Ferragni, mi rendo conto di essere alquanto disarmato perché si tratta di una figura che non mi ha mai suscitato il benché minimo interesse né sul piano personale né in merito all'ambito in cui essa "influenza", che peraltro è fuori dai miei interessi personali, non essendo interessato a borsette, scarpe, trucchi e cose di questo tipo.
Sono convintissimo che i fan della Ferragni non mancheranno di farmi sentire il loro dissenso a colpi di insulti, ricordando la differenza che c'è tra un'influencer multimilionaria e un signor nessuno come me. Ma d'altra parte io non sono obbligato a trovare interessante una persona che non mi ha mai suscitato il minimo interesse. E qua occorre chiarire il pensiero.

Da tre anni, da quando mi sono trasferito dove vivo ora, non ho la televisione e non leggo un giornale cartaceo, per scelta personale. Di tutto ciò che accade nel mondo, ne ho notizia attraverso social e motori di ricerca. Se mi interessa una notizia, faccio come un mio amico magistrato: vado direttamente alla fonte. Lui, per esempio, segue su Twitter gli account di tante figure istituzionali di tutto il mondo, saltando così a priori tutti gli articoli di opinione. Il suo ragionamento, tipico di un magistrato scrupoloso, è molto semplice: tolto il fatto, la notizia - per la quale non c'è bisogno dei giornali - di solito i commenti non sono minimamente interessanti.
Ragionando come lui, mi sono tolto di torno i talk-show politici che non riesco più a seguire senza avere l'istinto di prendere a calci il conduttore e gli ospiti. Mi sono tolto di torno programmi televisivi di pura e semplice propaganda. Mi sono tolto di torno editorialisti prezzolati. E mi sono tolto di torno anche la necessita di dover capire perché la Ferragni è diventata così pervasiva da diventare invasiva, sebbene io, su questo, abbia da sempre una risposta molto chiara: il successo della Ferragni come di qualsiasi influencer è merito - o meglio, demerito - di chi la segue.
Naturalmente, sono convinto che uno come me può sembrare snob o eremitico. Ma il punto è proprio questo: sottraendomi a certi teatrini, ho tolto al burattinaio il potere di dirmi come debbo pensarla e cosa devo fare. Su di me, il burattinaio non ha il minimo potere.
E sia chiaro, quando parlo di demerito, non voglio ridurre tutti gli influencer allo stesso basso livello, niente affatto: ci sono critici di indubbio livello, persone che, ad ascoltarle e a leggerle, portano un valore aggiunto. Ma un critico è tanto più di valore aggiunto quanto più riesce a dare ai suoi lettori i mezzi per capirle da soli le cose.
In un mondo ideale, il critico mi insegna come pormi di fronte ad un argomento nel quale ho bisogno di capire delle cose per instradarmi e fare una compera in un settore dove debbo farla. Nel mondo reale, il critico è una figura che spesso obbedisce a gruppi di potere, a grandi aziende, il cui scopo non è insegnare le persone a pensare, ma fare in modo che la pensino come loro.
In tal senso, se la Ferragni riesce ad infrociare chi compra la bottiglia d'acqua ad otto euro oppure a far comprare un pandoro illudendo la gente che il ricavato vada in beneficenza, il vero problema è di chi si fa infrociare, non di chi più o meno lecitamente (lo decideranno i tribunali) lucra sui buoni sentimenti della gente. Resta il fatto che c'è anche chi la Ferragni non se la fila proprio, perché - e svelo a tutti una notizia - non siamo obbligati a darle importanza. Ed ecco, su di me, quando compro un pandoro o una bottiglia d'acqua o più banalmente voglio fare beneficenza, il fattore Chiara Ferragni ha valore zero.

Una volta, quando chiesero a Giorgio Gaber un parere sul berlusconismo, rispose brillantemente di "non temere Berlusconi in sé ma Berlusconi in me". Noi cittadini, noi individui, siamo responsabili della stragrande maggioranza di tutto ciò che condanniamo, quando ci muoviamo sui binari tracciati dalle classi dirigenti. Se non ci fosse un'opinione pubblica addestrata a trovare "figa" la Ferragni, a seguire tutte le mode, tutte le paranoie, tutte le bolle del momento, e a non indignarsi di fronte ad una cosa che, se confermata, per quanto mi riguarda sarebbe sufficiente a ridurre a zero la popolarità della moglie di Fedez, chi regge i fili di questo teatrino starebbe magari in fila a chiedere il reddito di cittadinanza. E la Ferragni non sarebbe diventata quel che è oggi.

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Tempo fa lessi l'articolo di un esperto in comunicazione pubblicitaria dove descriveva anche il fenomeno Ferragnez, elogiando la indubbia geniale intuizione di lei
nell'utilizzare i social per mostrare se stessa e, di conseguenza, tutto ciò che reclamizza, tanto da essere considerata la prima "influencer" al mondo. Fenomeno in quanto la durata del successo é eccezionale rispetto al tempo medio di popolarità di un'attività effimera come quella di "influencer". Secondo lui non ci sarebbe stato un declino naturale, dovuto all' usura d'immagine che porta a stanchezza, poiché i Ferragnez sono molto solidi, il consenso sarebbe diminuito perché qualche concorrente, o qualcuno a cui sono stati pestati i piedi, avrebbe generato un inciampo tale da corrompere la celebrità della coppia in modo irreparabile.
 

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Franco Marino
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