La Grande Italia

In fondo, cosa avrebbe detto di eclatante Pasolini – riabilitato krusciovianamente da quella destra che in vita lo schernì, perseguitò e tentò finanche di ammazzarlo – per meritare la nomea di più importante intellettuale italiano del Novecento? Che il Potere è zootecnia sadica e perversa e peggiora la gente, la conforma a sé. Che la piccola borghesia italiana, a differenza della grande borghesia con la quale lui si strusciava gioiosamente, è mostruosa. Che i padri fanno schifo e sono meglio le mamme. Che Giovannino Guareschi era peggio di Eichmann perché aborriva il terzomondismo e l’americanismo dilagante. Che Enrico Mattei fu ucciso da Cefis (me cojoni!). Che La corazzata Potemkin “è proprio un brutto film” (PPP ispiratore di Fantozzi?). Che Nasser era un pazzo (ma perché?). Che Israele andava sostenuto giacché gli ebrei avevano patito molto. Che la Germania dell'Ovest era una porcilaia di nazisti riciclati. Che il benessere ha corrotto le giovani generazioni – e di conseguenza privato il Sommo Invertito della selvaggina borgatara da stuprare. Che Pannella era il futuro (ci ha preso). Che i democristiani erano marci e il Pci, malgrado tutto, era il meglio del Paese (si è visto). Che il sottoproletariato, finché sono rimaste le lucciole, era un’oasi incontaminata. Che Ezra Pound era un poeta geniale ma un dilettante economico per via delle deliranti fisime antiusura (è così). Tutte cose risapute o patetiche, insincere, contraffatte, che puoi riscontare nel più negletto dei sessantottini; tutte cose che formano il senso comune progressista, specie se di nicchia e ipercritico.

PS. Pasolini regista è invece controverso ma interessante: è nei suoi film che traspare l'allievo di Roberto Longhi e la statura di uomo di ragguardevole cultura figurativa.

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