Alla fine anche un fervente eurocentrico come me è costretto a fare i conti con la realtà. L'altra sera stavo guardando l'ultimo film di Wim Wenders, Perfect Days (2023), indigesta coproduzione nippo-tedesca. In parte per tornare a sentirmi un modesto cinefilo di serie A, in parte per rivivere le emozioni di quando ero un ragazzo di sinistra, eretico ma pur sempre di sinistra. Perfect Days è una pera di irritante nichilismo minimalista. Dopo un'ora di scene ripetitive con un uomo giapponese di mezz'età che pulisce i cessi e ascolta brani musicali d'annata, malgrado la visione resa più sopportabile dalla riproduzione accelerata, decido di alzare bandiera bianca: pietà, basta! Aveva ragione quella vecchia volpe di Oliviero Di Liberto quando anni orsono fulminava Wenders con una singola parola di sgomento: Aiuto! Chiudo il file, lo cancello e apro Il ritorno dei morti viventi 3 (1993) di Brian Yuzna. Un horror a basso costo, una storia di zombi per nulla scontata, densa di riferimenti colti, di rimandi al mito di Orfeo ed Euridice (un giovane musicista figlio di un alto ufficiale dell'esercito, riporta in vita la fidanzata deceduta in un incidente), dal ritmo alacre e perfetto.
This site uses cookies to help personalise content, tailor your experience and to keep you logged in if you register.
By continuing to use this site, you are consenting to our use of cookies.