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Il forum dei patrioti italiani

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Accadeva cinquecentotrentanove anni fa.
5 dicembre 1484. Papa Innocenzo VIII emana la bolla pontificia "Summis desiderantes affectibus" per estirpare l'eretica pravità di maghi e streghe. Il pontefice mise in guardia la cristianità dalla piaga della stregoneria: maghi e fattucchiere erano gli apostoli dell'Anticristo; il sabba era la loro contro messa, con tanto di riti, orge, dileggio di ostie, bacio dell'ano satanico, voli notturni, uso di olii magici capaci di provocare metamorfosi. Innocenzo ingiunse al tribunale dell’Inquisizione di prendere tutte le misure necessarie per eliminare le streghe, e di punire con la scomunica chiunque cercasse di ostacolare gli inquisitori. Summis desiderantes affectibus segna una radicalizzazione dei toni talmente estrema da distaccarsi dalle comuni denunce di pratiche magiche. I più solerti seguaci del pontefice furono i domenicani Heinrich Kramer detto Institor, uno degli autori della bolla, e Jacob Sprenger. Entrambi compilarono il Malleus Maleficarum (“Martello delle malefiche” o “delle streghe”), pubblicato a Strasburgo a cavallo tra il 1486 e il 1487, forse la più importante opera di demonologia mai scritta, una sorta di manuale per predicatori e confessori impegnati a estirpare la stregoneria nella regione renana. Questo «Vangelo» degli inquisitori, un po' perché di facile consultazione, un po' per il fatto di essere stato stampato in diciottesimo (un formato tascabile, molto raro a quei tempi), divenne un best seller. Sprenger ed Institor attinsero gran parte delle loro conoscenze da una precedente opera, lo Speculum maius di Vincenzo di Beauvais, una vera e propria enciclopedia dello scibile del tardo Medioevo. Il Malleus Maleficarum è composto da tre libri. Il primo tratta la dimostrazione dell'esistenza della stregoneria e ne spiega le cause. Il secondo, di gran interesse per gli studiosi del folklore tedesco, si addentra nelle modalità con le quali possono essere consumati le diverse tipologie di maleficio, suggerendone i rimedi. Il terzo, infine, prescrive pene e supplizi. Dal Malleus Maleficarum in poi, i giudici dell'Inquisizione furono presi da un totale pervertimento del senso giuridico; riuscirono a sconvolgere ed annullare l'abile arte processuale sviluppata dal Medioevo ecclesiastico a partire dal patrimonio del diritto romano. Sulle reali responsabilità di Innocenzo VIII quale istigatore e colpevole della sanguinosa persecuzione delle streghe, negazione dei valori rinascimentali, molti autori dissentono. Sembra infatti che al Papa si possa attribuire la sola colpa di essersi fidato delle notizie fornitegli dal duo Kramer e Sprenger, che per poter liberamente condurre la loro battaglia personale descrissero le diocesi renane come un covo di streghe e di apostati. La lotta con il Diavolo era allora una scienza degna del massimo impegno di teologia e dottori, di papi e imperatori. Al contrario di quanto afferma un luogo comune duro a morire, molto spesso l’Inquisizione rappresentò un freno al diffondersi della psicosi antistregonica, che trovò maggiore possibilità di esprimersi nei tribunali laici o in quei luoghi in cui la mancanza di un’autorità politica o religiosa forte lasciò indifesi i più deboli. Anche personalità di spicco precipitarono in questo buco nero. Un esempio su tutti è quello di Jean Bodin. Professore di diritto romano e procuratore del re di Francia, egli fu nel XVI secolo una delle menti più brillanti e tolleranti che il mondo ecclesiastico ricordi: colto, aperto, dalle caratteristiche preilluministiche. Eppure Bodin fu il più spietato e crudele inquisitore del XVI secolo. Nel suo Démonomanie des sorciers (1580), i testimoni falsi e spergiuri, purché accusassero gli imputati, erano attendibili; l'inganno, le false promesse e la tortura erano addirittura consigliati durante i processi. Tutto era lecito, per diritto divino ed umano. E, fatto ancor più grave, la condizione di strega e stregone, una volta accertata, determinava una serie di colpe criminali che non dovevano essere di volta in volta provate, poiché dipendevano dalla condizione medesima e, perciò, in essa connaturate. Un altro testo fondamentale per la documentazione della stregoneria nel XVI secolo è lo Strix sive de ludificatione daeminum di Giovanfrancesco Pico della Mirandola, nipote del quasi omonimo filosofo, trascritto in lingua volgare con il titolo “La strega o vero de gli inganni de demoni”. L’autore registra il corso dei processi di stregoneria svoltisi a Modena tra il 1522 e il 1524 nei confronti di 73 imputati, tra uomini e donne, 10 dei quali finirono al rogo. A seconda dei paesi in cui la caccia si diffonde, è possibile notare alcuni caratteri peculiari. In Italia, osserva il predicatore francescano Bernardino da Siena (1380-1444), si assiste a un più intenso recupero dei demoni antichi (la riscoperta dell'età classica è una costante tipicamente rinascimentale): lamiae e striges con la capacità di metamorfosi, determinata in genere da un unguento magico; il rapimento di cadaveri per turpi magie; il volo notturno; l’omicidio – specie l'infanticidio – legato al vampirismo. In Italia il numero di processi e di condanne capitali per stregoneria rimane tuttavia basso se confrontato con quello di altre regioni d’Europa. Simpatico, benché sostanzialmente d'accordo con loro, fu il frate milanese Francesco Maria Guaccio. La simpatia viene dal modo semplice e discorsivo con il quale compilò il suo Compendium Maleficarum, pubblicato nel 1626, e dalle bizzarre e colorite espressioni con le quali argomentava le proprie tesi. La conclusione è poi addirittura spassosa: «Chi non crede alle streghe è una testa di rapa e non un uomo».

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