Per i romani, oggi era l'ultimo giorno del Mundus Patet, il varco che rendeva accessibile il mondo dei vivi a quello dei morti. In questi giorni, i romani sospendevano tutte le attività che non erano necessarie, nel timore che gli spiriti dei morti potessero giocare loro brutti scherzi.
Oggi rifuggiamo il rapporto con la morte e i nostri morti e a Novembre, mese dei morti per eccellenza, si guarda cinicamente già al Natale, coi supermercati e i discount che si riempiono di decorazioni e dolci natalizi.
La morte ci turba, vogliamo scordarla in fretta, il lutto deve cedere all'adagio "la vita va avanti", pronunciato da chi ha fretta di sorpassare il dolore, di non perdere tempo dietro a usanze considerate vetuste e che invece rammentano la necessità di un atto coraggioso e dovuto, quanto naturale: guardare dritto negli occhi il dolore della perdita di chi amiamo. Perdita che cela, nel profondo, la nostra stessa paura di morire, di lasciare tutto ciò che possiamo sperimentare coi sensi e chiamiamo esistenza, ciechi allo sguardo dello spirito che sa contemplare ciò che è oltre la morte e che temiamo, umanamente, sia un'illusione, perché il nostro corpo non può sperimentarlo e testimoniarlo, quindi non può comprenderlo. Viviamo come San Tommaso e in molti hanno il terrore di non poter tastare quelle ferite d'amore che hanno svelato il mistero della morte.
Questa è una dimensione ancora normale, figlia di una società tutto sommato non del tutto perduta. Ma il mondo social giovanile mi ha proiettato in una dimensione che non ritenevo concretamente possibile: l'esibizione di una parodia del lutto.
Su TikTok, social in voga tra i giovanissimi e le vecchie carampane in cerca di una nuova giovinezza, sta girando un trend grottesco: filmarsi durante i preparativi per un funerale. E non il funerale di un tizio semi-sconosciuto a cui partecipa una piccola comunità, ma anche quello di parenti stretti, per non dire familiari.
Mi è capitato di vedere il video di una ragazza che si filmava mentre si preparava per il funerale del padre, con faccia attoriale e piangente annessa. Il funerale del padre.
Io spero che questo trend sia una moda e che i video non siano reali, ma simulazioni di una situazione analoga, perché altrimenti testimonierebbe uno scollamento totale di questi ragazzi da una dimensione privata del lutto. In generale, la percezione è che la dimensione privata sia stata sacrificata sull'altare del pubblico, di cui l'ego personale si nutre bulimicamente per appagare il suo bisogno di attenzioni, bisogno che viene nutrito anche quando ci si pone in una posizione vittimistica.
Questa tendenza è stata portata alle estreme conseguenze dai Ferragnez, famiglia del mulino bianco 2.0, che spiattellano ogni attimo della vita dei figli senza il minimo riguardo per la loro infanzia e promuovono un modello di vita edonistico che pare necessario per essere felice.
Quando la propria vita viene data in pasto al voyeurismo virtuale, non c'è spazio per l'intimità della propria casa, perché ogni aspetto del rapporto con le persone che decidono di mettersi in mostra con noi verrà posto sotto il giudizio di estranei, ai quali abbiamo delegato il nostro stesso sostentamento tramite il meccanismo dei like e delle visualizzazioni.
In una vita che è un continuo Truman Show, dove può stare lo spazio della solitudine, dell'intimità, della libertà data dall'autenticità con noi stessi? Che spazio può avere il riserbo richiesto dal lutto, che non è altro che espressione del nostro cuore sanguinante?
Oggi rifuggiamo il rapporto con la morte e i nostri morti e a Novembre, mese dei morti per eccellenza, si guarda cinicamente già al Natale, coi supermercati e i discount che si riempiono di decorazioni e dolci natalizi.
La morte ci turba, vogliamo scordarla in fretta, il lutto deve cedere all'adagio "la vita va avanti", pronunciato da chi ha fretta di sorpassare il dolore, di non perdere tempo dietro a usanze considerate vetuste e che invece rammentano la necessità di un atto coraggioso e dovuto, quanto naturale: guardare dritto negli occhi il dolore della perdita di chi amiamo. Perdita che cela, nel profondo, la nostra stessa paura di morire, di lasciare tutto ciò che possiamo sperimentare coi sensi e chiamiamo esistenza, ciechi allo sguardo dello spirito che sa contemplare ciò che è oltre la morte e che temiamo, umanamente, sia un'illusione, perché il nostro corpo non può sperimentarlo e testimoniarlo, quindi non può comprenderlo. Viviamo come San Tommaso e in molti hanno il terrore di non poter tastare quelle ferite d'amore che hanno svelato il mistero della morte.
Questa è una dimensione ancora normale, figlia di una società tutto sommato non del tutto perduta. Ma il mondo social giovanile mi ha proiettato in una dimensione che non ritenevo concretamente possibile: l'esibizione di una parodia del lutto.
Su TikTok, social in voga tra i giovanissimi e le vecchie carampane in cerca di una nuova giovinezza, sta girando un trend grottesco: filmarsi durante i preparativi per un funerale. E non il funerale di un tizio semi-sconosciuto a cui partecipa una piccola comunità, ma anche quello di parenti stretti, per non dire familiari.
Mi è capitato di vedere il video di una ragazza che si filmava mentre si preparava per il funerale del padre, con faccia attoriale e piangente annessa. Il funerale del padre.
Io spero che questo trend sia una moda e che i video non siano reali, ma simulazioni di una situazione analoga, perché altrimenti testimonierebbe uno scollamento totale di questi ragazzi da una dimensione privata del lutto. In generale, la percezione è che la dimensione privata sia stata sacrificata sull'altare del pubblico, di cui l'ego personale si nutre bulimicamente per appagare il suo bisogno di attenzioni, bisogno che viene nutrito anche quando ci si pone in una posizione vittimistica.
Questa tendenza è stata portata alle estreme conseguenze dai Ferragnez, famiglia del mulino bianco 2.0, che spiattellano ogni attimo della vita dei figli senza il minimo riguardo per la loro infanzia e promuovono un modello di vita edonistico che pare necessario per essere felice.
Quando la propria vita viene data in pasto al voyeurismo virtuale, non c'è spazio per l'intimità della propria casa, perché ogni aspetto del rapporto con le persone che decidono di mettersi in mostra con noi verrà posto sotto il giudizio di estranei, ai quali abbiamo delegato il nostro stesso sostentamento tramite il meccanismo dei like e delle visualizzazioni.
In una vita che è un continuo Truman Show, dove può stare lo spazio della solitudine, dell'intimità, della libertà data dall'autenticità con noi stessi? Che spazio può avere il riserbo richiesto dal lutto, che non è altro che espressione del nostro cuore sanguinante?