"Matto è chi spera che nostra ragione
possa trascorrer la infinita via
che tiene una sustanza in tre persone.
State contenti, umana gente, al quia;
ché, se potuto aveste veder tutto,
mestier non era parturir Maria"
"Per lor maladizion sì non si perde,
che non possa tornar, l'etterno amore,
mentre che la
speranza ha fior del verde.
Vero è che quale in contumacia more
di Santa
Chiesa, ancor ch'al fin si penta,
star lì convien da questa ripa in fore,
per ognun
tempo ch'elli è
stato, trenta,
in sua presunzion, se tal decreto
più corto per buon prieghi non diventa."
Purgatorio,
canto III.
Ci troviamo nell'Antipurgatorio, dove sono coloro che tardarono a pentirsi e, fra questi, troviamo perfino degli scomunicati.
Le citazioni che ho trascritto sono estratte da due dialoghi. La prima è di Virgilio, mentre la seconda è di
Manfredi, scomunicato e considerato, in
terra, dannato all'inferno.
Entrambe riportano al
Mistero della
giustizia e del
perdono divini. Virgilio ci comunica l'impossibilità dell'intelletto umano di comprendere il
mistero divino, che va accettato per ciò che è attraverso la Fede.
La semplice presenza di
Manfredi in Purgatorio (e non all'Inferno, come molti ritenevano giusto) scandalizza e turba l'uomo pio. L'intelletto non comprende e non accoglie volentieri il giudizio divino, che non è vincolato ai precetti umani, quantunque fondati sulla dottrina religiosa, ma si fonda sulla risonanza del
cuore con la volontà celeste.
Manfredi è tra i salvati perché il suo
cuore si è convertito in punto di
morte. Non importa quanto
tempo avesse per far sì che quella conversione si manifestasse in opere concrete. Il
cuore si è sinceramente pentito e tanto
basta per non precipitare tra le schiere infernali.
Certo, la parola della
Chiesa non è lettera morta, ha un peso sul
tempo che il peccatore deve passare in Purgatorio, ma non è l'uomo, neppure il successore
di Pietro, a stabilire chi muore e chi è salvato.
L'Amore avrà sempre l'ultima parola sul destino di un'anima.